Storia, diritto e genealogia
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Il numero di giugno 2018 della Rivista del Collegio Araldico è
stato inviato in omaggio a tutti i sottoscrittori della XXV edizione del
Libro d’Oro della Nobiltà Italiana.
Ricca di 180 pagine, con una rinnovata veste tipografica, la Rivista
prosegue una tradizione che ha ampiamente superato il secolo. Ogni
numero è ricco di contenuti autorevoli e di interesse per i cultori di
araldica, storia e genealogia.
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Quanti sono i Nobili in Italia?
Riflessioni sulla Consulta Araldica del Regno e il Libro d’Oro nella sua XXV edizione
Il Libro d’Oro della Nobiltà Italiana rappresenta, dalla sua prima
edizione del 1910, in Italia un repertorio sostanzialmente unico nel suo
genere.
Prima di procedere nella presentazione dei dati statistici che
abbiamo ricavato dalla XXV edzione del Libro d’Oro, pensiamoo che sia
opportuno premettere una disanima sulla situazione storica dei vari
registri riguardanti la nobiltà.
Breve storia della Consulta Araldica e del Libro d’oro
di Roberto Sandri Giachino
Dichiarata l’Unità d’Italia (anche se sarà completata con la presa di
Roma del 1870), sorse la necessità di istituire un organo consultivo
che si occupasse della materia nobiliare, data la pluralità di
ordinamenti nobiliari, le specificità e diversità fra essi. Facendo
riferimento all’art 79 dello Statuto del Regno (detto Statuto Albertino,
promulgato il 4.3.1848 ed esteso, dopo l’Unità, a tutti i territori del
Regno d’Italia), con R.D. del 10 ottobre 1869 n. 5318 fu istituita la
Consulta Araldica “ per dar parere al Governo in materia di titoli
gentilizi, stemmi ed altre pubbliche onoreficenze…”, e tenere un
registro dei titoli gentilizi.
Con il R.D. 8 maggio 1870 furono stabilite le basi del diritto
nobiliare del Regno d’Italia con molte disposizioni, tra le quali
l’elenco dei titoli suscettibili di concessione o riconoscimento; i
provvedimenti di competenza sovrana (concessione, conferma,
autorizzazione, rinnovazione, riconoscimento); le modalità del
riconoscimento per giustizia su domanda dell’interessato; la facoltà
(della Consulta Araldica) di iscrivere d’ufficio i discendenti di
famiglie notoriamente nobili e di quelle già iscritte negli antichi
Libri d’Oro delle repubbliche di Venezia e Genova. Libro d’Oro è infatti
un termine generico, diffuso in tutta Italia, che definisce un registro
nel quale erano annotate le famiglie nobili; infatti esistevano elenchi
dei nobili di numerose città e stati dell’Italia preunitaria chiamati:
Libro d’Oro, Libro della Patrizia Nobiltà, Libro della Nobiltà, Libro
della Cittadinanza Nobile o del Patriziato. Si consideri, per esempio,
che a Venezia esisteva il Libro d’Oro dal 1506; a Genova dal 1528 (liber nobilitatis
detto Libro d’Oro); a Roma il Libro d’Oro Capitolino dal 1746; a Modena
nel 1815 fu riaperto il Libro d’Oro, già esistente dal 1788; a Lucca il
Libro d’Oro fu istituito nel 1628…
I RR.DD. del 11.12.1887 e del 5.1.1888 modificarono l’ordinamento
della Consulta araldica e disposero (art. 11) la compilazione di
registri nei quali dovevano essere trascritte le nuove concessioni, i
riconoscimenti ed i vecchi minutari esistenti presso la Consulta
Araldica stessa.
Con R.D. 15 giugno 1889 furono istituite le commissioni araldiche
regionali (rese permanenti nel 1891) con il compito di formare gli
elenchi regionali delle famiglie nobili ed esaminare preliminarmente le
pratiche nobiliari della regione storica di competenza.
Nel 1889 fu istituito un registro dei titoli gentilizi delle famiglie
che avevano ottenuto decreti di concessione o riconoscimento di titoli
nobiliari nel Regno d’Italia dopo l’Unità e furono progressivamente
compilati 14 elenchi regionali nei quali furono iscritte le famiglie già
registrate negli elenchi ufficiali degli stati pre-unitari.
Un nuovo ordinamento della Consulta Araldica fu approvato con R.D.
2.7.1896 n. 313 cui seguì il regolamento d’esecuzione (R.D. 5 luglio
1896 n. 314) che prevedeva, all’art. 68, l’istituzione del Libro d’oro
della nobiltà italiana, registro manoscritto nel quale dovevano essere
iscritte le famiglie che avevano ottenuto la concessione, rinnovazione o
riconoscimento di titoli di nobiltà; agli artt. 77-82 era prevista la
costituzione dell’Ufficio araldico presso il Ministero dell’Interno, con
funzione di segreteria della Consulta
Erano iscritti nel Libro d’oro tutti coloro che ottennero un titolo
di nobiltà con provvedimento sovrano di grazia e coloro che ebbero un
riconoscimento dei propri diritti nobiliari con un provvedimento
governativo di giustizia; tutte le famiglie iscritte nel Libro d’oro
erano comprese anche negli elenchi regionali e, per distinguerle, il
cognome era preceduto da un asterisco.
Oltre al registro manoscritto detto Libro d’oro della Nobiltà
Italiana era previsto che fossero tenuti dall’Ufficio Araldico sotto la
direzione del Commissario del Re i seguenti altri volumi manoscritti:
“Libro Araldico dei titolati esteri”, “Libro araldico della
cittadinanza” (per le famiglie di distinta civiltà titolari di uno
stemma), “Libro araldico degli Enti Morali”, ”Elenco Ufficiale
Nobiliare”.
Si consideri che il Consiglio di Stato con decisione dell’11 dicembre
1925 stabilì che il provvedimento di iscrizione al Libro d’oro non
aveva in sé valore di una dichiarazione giuridica sulla esistenza e
pertinenza del diritto alle distinzioni nobiliari di cui era domandata
l’iscrizione, ma era un atto amministrativo, che seguiva alle
dichiarazioni delle autorità competenti.
Da sottolineare, infine, la finalità anche fiscale dell’iscrizione al
Libro d’oro perché il R.D. 22.9.1932 n. 1464 obbligava al pagamento
delle tasse previste per il titolo e per ogni annotazione di nascita,
matrimonio e morte.
A proposito del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana edito dal Collegio Araldico-Roma, Carmelo Arnone nel suo volume Diritto nobiliare Italiano storia ed ordinamento scriveva:
[…] Il Libro d’oro è una compilazione inedita, fatta dalla
pubblica amministrazione nella quale si iscrivono le famiglie italiane
che ottengono la concessione, la rinnovazione, l’autorizzazione o il
riconoscimento di titoli e attributi nobiliari […].
ed aggiungeva in nota:
I così detti Libri d’oro che sono in vendita sono compilazioni di
privati, che non hanno valore legale. Pregevole è però per la copia e
la esattezza delle notizie il Libro d’Oro della Nobiltà Italiana
pubblicato periodicamente fin dal 1910 per cura del Collegio Araldico
Romano”.
Gian Carlo Jocteau scriveva nel 1997:
[all’inizio del Novecento] prese corpo un’iniziativa destinata a
sopravvivere sino ai giorni nostri: si trattava del Libro d’oro della
nobiltà italiana, che con una nuova ambizione di respiro nazionale
comparve per la prima volta nel 1910 (fino ad oggi ne sono comparse 20
edizioni ed è in preparazione la ventunesima), raccogliendo con
sistematicità e con obiettivi di progressiva completezza cenni storici e
genealogici delle famiglie nobili italiane e notizie sui loro membri
viventi […]
Giovanna Arcangeli, all’epoca, responsabile del servizio araldico
dell’Archivio Centrale dello Stato, descriveva con precisione il Libro
d’oro istituito con il Regio Decreto 314/1896:
Nell’aprire i grandi volumi del Libro d’oro della nobiltà
italiana si è attratti dalla solennità delle dimensioni (45×60 cm
formato detto in folio), dalle robuste parti metalliche poste a sostegno
e protezione dei punti potenzialmente più deboli della pregevole
rilegatura di marocchino; si è colti dal seducente splendore dello
stemma stampigliato sul piatto superiore della legatura. Aprendo poi il
volume ci si perde nel labirinto armonioso e complesso dei nominativi
delle singole famiglie-vergati in inchiostro dorato […] La
serie archivistica si compone nella sua completezza di trenta volumi,
ciascuno mediamente contiene 199 bifogli. Tutta la serie ha la medesima
altezza e tipo di legatura, esternamente ciascun volume è
contraddistinto da cifre romane incise in oro […] La
numerazione ricorre in tutte le pagine doppie con l’indicazione del
numero del volume. Rigore e gravità cancelleresche sono affidate al
calligrafo che con estrema ed accurata perizia annotò a grandi lettere,
ricorrendo a una singolare sintesi paleografica, il nome della famiglia e
i luoghi di origine e residenza […]”.
Per avere un esempio del contenuto di questa serie archivistica manoscritta, si può confrontare il libro Alle
radici dell’identità nazionale Prosopografie storiche italiane Libro
d’oro della nobiltà italiana (I-II) pubblicato nel 2009 dove sono stampati in fac-simile i primi due volumi.
Pubblicazioni del Regno
Come detto sopra, le commissioni araldiche regionali compilarono i
primi Elenchi Ufficiali nobiliari del Regno d’Italia e pubblicarono,
sia su istanza delle famiglie, sia d’ufficio basandosi sui documenti
degli archivi di stato, in forma provvisoria poi in forma definitiva,
quattordici Elenchi Regionali, tra il 1895 ed il 1912, approvati,
ciascuno, con Decreto Reale (si noti che alcuni furono ripubblicati in
edizione anastatica dalla casa editrice Forni nel 1988 e da 3T di Gianni
Trois e figli di Cagliari nel 1972).
In seguito gli elenchi regionali aggiornati furono fusi in un unico
volume e fu pubblicato (Torino: Bocca, 1922) l’Elenco ufficiale
nobiliare italiano approvato con R.D. 3.7.1921 n.972 e ripubblicato in
ristampa anastatica dall’editore Arnaldo Forni a Bologna nel 1970 e nel
1997.
Nel 1933 il Poligrafico dello Stato editò l’Elenco ufficiale della nobiltà italiana
approvato con R.D. 7.9.1933 n. 1990. In questa volume le famiglie
iscritte nel Libro d’oro della Consulta Araldica erano contrassegnate
con un asterisco; le altre famiglie presenti (senza asterisco), in forza
dell’art. 2 dell’ultimo decreto citato, dovevano chiedere l’iscrizione
nel Libro d’oro nel termine di tre anni (poi prorogato di altri due),
presentando la documentazione e pagando le tasse previste.
In seguito fu approvato con R.D. 1.2.1937 e pubblicato l’ Elenco ufficiale della nobiltà italiana. Supplemento per gli anni 1934-1936 (Roma,
1937); anche in questo volume solo le famiglie iscritte al Libro d’oro
erano contrassegnate da un asterisco mentre le altre famiglie nobili
erano senza asterisco. Il 7.6.1943 fu emanato un nuovo ordinamento dello
stato nobiliare italiano ed un nuovo regolamento della Consulta
Araldica che prevedevano l’obbligo per tutte le famiglie nobili di
iscriversi nel Libro d’oro.
In seguito per le vicende della guerra ed istituzionali non furono
pubblicati altri aggiornamenti e dopo il 25 luglio 1943 la Consulta
araldica cessò di funzionare; scriveva Aldo Pezzana:
[…] Elenchi ufficiali non ne vennero più pubblicati sicché la possibilità di effettuare l’iscrizione [nel Libro d’oro]
venne meno: la distinzione delle famiglie con o senza asterisco permane
peraltro nelle pubblicazioni private in materia nobiliare[…]”.
Dopo la Costituzione Italiana
La Costituzione entrata in vigore il 1 gennaio 1948, nella XIV
disposizione transitoria e finale dispose “I titoli nobiliari non sono
riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922,
valgono come parte del nome. La legge regola la soppressione della
Consulta Araldica”, chiudendo di conseguenza il Libro d’oro previsto dai
precedenti Regi Decreti.
Aldo Pezzana, presidente onorario del Consiglio di Stato, a questo proposito puntualizzava:
[…] in pratica dopo il 25 luglio [1943] la
Consulta Araldica smise di funzionare. Continuò invece a funzionare
l’Ufficio araldico. Esso provvide all’istruttoria delle domande di
riconoscimento ed alla predisposizione dei pochissimi provvedimenti di
giustizia […] e dei più numerosi provvedimenti di
grazia emanati da Umberto II, prima come Luogotenente generale del Regno
dopo il 4 giugno 1944 e poi come Re fra il 9 maggio e il 13 giugno
1946 […] Ora, dopo sessant’anni dall’entrata in vigore
della Costituzione repubblicana, l’ordinamento del 1943 è caduto sotto
la scure del D.L. 25.6.2008 n. 112 (il c.d. decreto “taglia leggi”)
convertito nella legge 18 febbraio 2009 n. 9, ed esplicitamente abrogato.
Per terminare, si ricorda che il Sovrano Militare Ordine
Gerosolimitano detto di Malta, pubblicò, nel 1960, presso la Tipografia
Poliglotta Vaticana, l’Elenco storico della Nobiltà Italiana
Compilato in conformità dei Decreti e delle Lettere Patenti originali e
sugli Atti Ufficiali di Archivio della Consulta Araldica dello Stato
Italiano con lo scopo di riunire in un unico volume: le famiglie
comprese negli Elenchi Ufficiali della Consulta Araldica; quelle che
ebbero provvedimenti in materia nobiliare dopo l’ultima pubblicazione
del 1934-36 fino al 1 gennaio 1948 (comprendendo anche i decreti e le
sentenze emesse dopo il cessato funzionamento della Consulta Araldica);
le famiglie insignite di titoli pontifici e quelle con titoli concessi
dalla Repubblica di San Marino fino al 1959. Questa pubblicazione
comprendeva anche le famiglie iscritte solo genericamente nell’Elenco
ufficiale nobiliare italiano del 1921 (distinte da una piccola losanga),
conteneva lo stato personale (aggiornato quando fu possibile),
contrassegnava le famiglie registrate nel Libro d’oro con l’asterisco e
con la riproduzione degli stemmi a colori.
La XXV edizione del Libro d’Oro. Spunti statistici
di Fabrizio Antonielli d’Oulx
Dopo questa disanima della situazione storica, vediamo ora quali
informazioni si possano ricavare della XXV edizione del Libro d’Oro,
stampato nello scorso giugno e già fatto pervenire a tutti i
sottoscrittori.
La prima domanda che ci si pone, a fronte dei due tomi, è: quante
famiglie vi siano menzionate. A questo proposito è opportuno fare subito
una distinzione tra le famiglie riportate per intero (ossia con lo
sviluppo degli stati personali contenenti le indicazioni di quando le
persone siano nate, matrimoni, ecc.) e quelle di cui si trovano solo i
cognomi quasi sempre con rimandi ad edizioni precedenti.
Per intenderci, vediamo un esempio (si scusi la pessima riproduzione,
ma non ce la sentivamo di squinternare un libro…): dei Codebò si dice
solo Patr. di Modena, e non si riporta nessun rinvio, come è invece per i
Codeca’ per i quali si rinvia al volume XX, pag.444, dove della
famiglia si riportano gli stati personali. Si sa dunque che i Codebò
sono patrizi di Modena perché così risulta dagli elenchi ufficiali del
Regno d’Italia, ma nelle diverse edizioni del Libro d’Oro la famiglia
Codebò non è mai stata riportata con gli stati personali.
Ancora: i Coffari sono presenti con i loro stati personali nel volume
XXV a pag. 459, mentre i Coglitore, nobili dei baroni di Sant’Agostino,
non sono mai stati presi in considerazione, con i loro stati personali,
dal nostro Libro d’Oro.
Crediamo così di aver chiarito che cosa si intenda per famiglie
“riportate per intero” e famiglie con i “rimandi”. Orbene, nella XXV
edizione sono riportate per intero, con gli stati personali, 1.997
famiglie; solamente con il rimando sono per contro 3.859. Dunque in
totale le famiglie nominate sono 5856, numero che ipotizziamo non si
discosti molti dal numero di famiglie nobili in Italia.
Salta agli occhi, dal seguente grafico, come in realtà le famiglie
riportate per intero nel Libro d’Oro siano circa la metà di quelle con
il rimando.
È opportuno però sottolineare che il Collegio Araldico, editore o
almeno curatore del Libro d’Oro dal suo nascere, ha censito con gli
stati personali, nel tempo, più o meno 5.000 famiglie, offrendo quindi
agli studiosi un fondamentale supporto per approfonditi studi
genealogici.
Le analisi che seguono fanno riferimento solo alle 1997 famiglie
riportate con gli stati personali, essendo il lavoro di analisi sulle
famiglie solo con il richiamo carente di dati e comunque superiore alle
forze umane!
Nel Libro d’Oro dunque solo un terzo circa delle famiglie nominate
trova un opportuno sviluppo con le informazioni circa i singoli
componenti; numero che deve essere aumentato, sperando di riuscire a
farlo nelle prossime edizioni.
Riteniamo comunque che un campione di 2000 famiglie sia significativo
e che ci permetta di esporre qui di seguito diverse considerazioni.
È ancora necessario precisare il criterio con il quale le famiglie
vengono riportate con lo sviluppo dello stato personale o semplicemente
con un rimando. Non si tratta, per le ultime edizioni del Libro d’Oro e
quindi anche per la XXV qui presa in esame, di una discriminante “compri o non compri”
nel senso che l’acquisto dei volumi determini un diverso trattamento.
Semplicemente le famiglie vengono citate con il rimando quando da due
edizioni del Libro d’Oro (quindi da 8 – 10 anni) non si siano più fatte
sentire, anche solo con una mail per dire che non ci sono aggiornamenti
da apportare. Il lungo silenzio fa infatti supporre, se non l’estinzione
della famiglia, certamente un disinteresse.
Le prime tre edizioni del Libro d’Oro: 1910, 1912-14,1914-16
Chiariti questi aspetti, vediamo ora, nella semplice tabella
seguente, come siano distribuiti i titoli nobiliari delle 1997 famiglie
con gli stati personaliVorremmo ancora ribattere a quelle persone che,
con un sorrisetto, notano “…ai miei tempi tutti nobili italianai stavano in un piccolo libretto…”.
È vero, ma allora non si riportava la storia delle famiglie (cercheremo
di porre un rimedio per le prossime edizioni alle storie troppo lunghe e
a volte esagerate e poco credibili) e non si risaliva con le genealogie
all’’800 (abbiamo più volte combattuto anche contro questa tendenza, ma
non è assolutamente cosa facile!).
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Dunque il titolo più diffuso è quello di
Conte (664 = 33%), seguito dalla somma dei Nobili e Patrizi (594 = 30%);
poi ci sono i Marchesi (351 = 18%), i Baroni (208 = 208%), i Principi
(108 = 5%) ed in ultimo i Duchi (72 = 4%).
Certamente sarebbe interessante suddividere
i vari titoli nobiliari in funzione della loro provenienza
territoriale, verificando così se sia corretta l’impressione che al nord
abbondino i conti ed al sud i baroni ed i principi… ma questo è un
lavoro che lasciamo volentieri ad altri.
Come è noto, le famiglie presenti nel Libro d’Oro hanno tre segni che ne contraddistinguono l’origine della nobiltà:
- ° con un cerchietto sono contraddistinte le famiglie che hanno avuto un provvedimento di grazia di S.M il Re Umberto II, non trascritto presso la Consulta Araldica, od un atto sovrano dei Sommi Pontefici (successivo al 1870) o della Repubblica di S. Marino (successivo al 1861), per i quali non sia intervenuta prima del 1946 l’autorizzazione all’uso in Italia, od un provvedimento di giustizia del Corpo della Nobiltà Italiana, o la cui nobiltà sia stata riconosciuta dal Sovrano Militare Ordine di Malta per la ricezione con prove nelle categorie di cavalieri che richiedono prove nobiliari;
- * con un asterisco le famiglie che avendo ottenuto dal Regno d’Italia, fra il 1861 ed il 1946, un provvedimento di giustizia o di grazia, erano registrate nel “Libro d’Oro” della Consulta Araldica del Regno, ora depositato presso l’Archivio Centrale dello Stato
- senza alcun contrassegno, le famiglie le quali, pur non avendo avuto a loro favore alcun atto formale fra il 1861 ed il 1946, erano inserite negli Elenchi Ufficiali Nobiliari del 1921 e dei 1933 e nel supplemento 1934-36
Analizziamo quindi come le 1997 famiglie si distribuiscano in
funzione dei segni che ne contraddistinguono l’origine della nobiltà si
ottiene il seguente grafico:Numericamente 1378 sono le famiglie con
l’asterisco (69%), 355 quelle senza contrassegno (18%) e 264 quelle con
il cerchietto (13%).Approfondendo questo argomento, le famiglie senza
contrassegno sono così suddivise:Mentre le famiglie con cerchiettoLe
famiglie con asterisco si distribuiscono come segue.
Questo tipo di distribuzione (senza contrassegno, cerchietto,
asterisco) può portare a delle considerazioni sulle singole categoria di
nobiltà.Vediamo i 474 Nobili. Le famiglie senza nessun contrassegno
sono 103 (22%), quelli con il cerchietto 123 (26%) e quelli con
asterisco 249 (52%).I 119 Patrizi sono 42 senza nulla (35%), 8 con il
cerchietto (7%) e 69 con l’asterisco (58%).I 208 Baroni sono 25 senza
nulla (12%), 37 con il cerchietto (18%) e 146 con l’asterisco (70%).I
664 Conti sono 111 senza nulla (17%), 68 con il cerchietto (10%) e 485
con l’asterisco (73%).I 351 Marchesi sono 42 senza nulla (12%), 19 con
il cerchietto (5%) e 290 con l’asterisco (83%).I 72 Duchi sono 15 senza
nulla (21%), 6 con il cerchietto (8%) e 290 con l’asterisco (51%).Infine
i 108 Principi sono 17 senza nulla (16%), 3 con il cerchietto (3%) e 88
con l’asterisco (81%).
Dobbiamo ancora spendere due parole sulla “PARTE SECONDA” del Libro
d’Oro, che spesso ha suscitato discussioni varie. In questa sede non
esprimiamo pareri, limitandoci ad esporre la situazione numerica. Nelle
avvertenze, a cui lo stesso Libro d’Oro rimanda, si legge “Nella parte
seconda sono registrate alcune delle famiglie la cui situazione di
nobiltà venne nel passato accertata dal Collegio Araldico o dal S.M.O.
Costantiniano di San Giorgio per la ricezione con prove nelle categorie
di cavalieri che richiedono prove nobiliari.“ Sono pubblicate 47
famiglie con gli stati personali, rappresentando quindi, sulle 1997
della prima parte, il 2,35 %.
Una cifra quindi molto contenuta, ma che dovrà portare a delle
riflessioni per la XXVI edizione.Ragioniamo ora sulle 3859 famiglie
citate solo con il richiamo nella XXV edizione del Libro d’Oro; si
tratta di stime e non di conteggi precisi che comporterebbero una
pazienza ed un impegno veramente superiori alle nostre forze!
Possiamo considerare che il 70% delle famiglie richiamate siano state
sviluppate con gli stati personali nelle precedenti edizioni del Libro
d’Oro, dal 1910, essendo quindi circa 2700 famiglie.Un 8% possiamo
considerare essere le famiglie che non sono mai state analizzate nei
loro stati personali nelle precedenti edizioni; sono citate nei richiami
perché presenti negli elenchi ufficiali del Regno d’Italia: sarebbero
quindi circa 300.Infine abbiamo considerato che, sulla base dei numeri
forniti dall’Associazioni regionali del Corpo della Nobiltà Italiana del
Veneto e della Sicilia, il 22% pari a 850 famiglie si siano estinte.
Ancora un’ipotesi. Se noi sommiamo le quasi 2000 famiglie di cui
viene, nella XXV edizione, riportato lo stato personale alle 3850
famiglie delle precedenti edizioni e aggiungiamo ancora le 300 famiglie
di cui il Libro d’Oro non si è mai interessato, arriviamo ad avere
un’ipotesi di 6200 famiglie ancora esistenti in Italia. Quale
moltiplicatore ipotizzare per poter indicare il numero di persone
nobili?
In base al censimento ISTAT del 2011 della popolazione italiana la
media di componenti per nucleo familiare era di 3 persone; è
probabilmente un dato che a noi non serve, perché nel Libro d’Oro non
sono riportati in modo autonomo i singoli nuclei familiari, ma, per così
dire, tutto un ceppo composto di diverse famiglie. Ad esempio mio
fratello ed io siamo tutti riportati come Antonielli, e così i miei 3
cugini (lontani) e la loro madre. Tutti queste 6 famiglie (per l’ISTAT)
Antonielli sono considerate, nel Libro d0’Oro, come una sola famiglia.
Si deve allora cominciare a moltiplicare i 6200 nuclei familiari almeno
per 6 (in base all’esempio Antonielli, ma ci sono ceppi ben più
articolati…) arrivando così a contare circa 37.200 famiglie. Si può ora
applicare a queste 37.200 famiglie ipotizzate il coefficiente 3 persone
dell’ISTAT? Probabilmente ancora no, perché possiamo presumere che il
ceto preso in esame dal Libro d’Oro sia più tradizionalista e
maggiormente portato a nuclei familiari più consistenti (meno
separazioni, divorzi, persone che vivono da sole…) per cui, sempre
basandomi sugli Antonielli, penso che si possa tranquillamente adottare
un coefficiente di 4 persone per famiglia. Alla fine, forse, possiamo
dire che i nobili in Italia sono 37.200 x 4 = 148.800…è solo un’ipotesi,
dove ciascuno può cambiare i moltiplicatori a piacere! Sono troppi,
sono pochi? Proviamo a vedere un rilievo fatto nel XVIII secolo
Stato | Numero di nobili | % di nobili sul tot. della popolazione |
Polonia | 800.000 | 15% |
Spagna | 722.000 | 7 – 8 % |
Russia | 5 – 600.000 | 2 – 3 % |
Francia | 300.000 | 1 % |
Svezia | 15.000 | 0,5 % |
MEDIA nel XVIII | 5,3 % |
Qual è la percentuale attuale dei nobili italiani sulla popolazione
stimata di 60 milioni di abitanti? 148.800 nobili su 60 milioni = circa
lo 0,2 %. Una percentuale, a nostro parere, assolutamente credibile!
Con quest’ultimo ragionamento chiudiamo questa prima analisi, sotto
un profilo statistico, della XXV edizione del Libro d’Oro della Nobiltà
Italiana, ben sapendo che la ricchezza di dati in essa contenuti
permetterebbe di approfondire ulteriormente la conoscenza della nobiltà
italiana.