lunedì 28 maggio 2018

Pier Felice Degli Uberti Hidalgo (Nobile) del Regno di Spagna


Don Pier Felice degli Uberti, benemerito della Real Asociación de Hidalgos de España (Don Pier Felice degli Uberti, ben meritevole della Reale Associazione dei Nobili di Spagna). Nel nostro mondo contemporaneo le associazioni nobiliari si sono ridotte a semplici gruppi di amici passati e non rappresentano più la società contemporanea. Le associazioni nobiliari del presente sono completamente prive di quel potere sociale che avevano nel passato e che era una delle caratteristiche della nobiltà, ma fra queste associazioni esiste una unica eccezione: la Real Asociación de Hidalgos de España, che è rigorosa nelle ammissioni e rappresenta un unicum per le sue opere e realizzazioni.

https://www.hidalgosdeespana.es/ 

Con il suo COLEGIO MAYOR MARQUÉS DE LA ENSENADA

Hidalguia.

https://www.hidalgosdeespana.es/centros/colegio-mayor-marques-de-la-ensenada/ che ospita giovani studenti universitari che sono fra i più studiosi di tutta la Spagna; la Residencia de mayores CASASOLAR  https://www.hidalgosdeespana.es/centros/residencia-casasolar/ che  ospita  in Madrid anziani che possono condurre una vita simile a quelle che conducevano nella propria famiglia; la RESIDENCIA CASAQUINTA dove anziani autosufficienti e non autosufficienti continua a condurre la loro vita seguiti da una equipe medica sempre presente ed attenta. Senza dimenticare le EDICIONES HIDALGUIA https://www.edicioneshidalguia.es/  ovvero la Casa Editrice più importante nel mondo di pubblicazioni legate alla Nobiltà, e alle Scienze Documentarie della Storia, con le importanti riviste Hidalguia e la G  de Grandezas y Titulos del Regno

In base agli STATUTI della Real Asociación de Hidalgos de España al CAPITULO X.
- RÉGIMEN DE DISTINCIONES      Artículo 56. Beneméritos. Dicono (Tradotto dallo spagnolo):

L'Assemblea Generale, su proposta del Consiglio di Amministrazione, e dopo aver ottenuto un parere favorevole dal Consiglio Consultivo, può nominare membri onorevoli dell'Associazione Reale di Hidalgos di Spagna. Questa distinzione è la più alta assegnata dall'Associazione di Hidalgos. Con esso è possibile riconoscere una lunga storia di straordinario, prezioso e disinteressato lavoro a favore della Real Asociación de Hidalgos de España. La persona proposta deve anche essere un chiaro esempio dell'incarnazione dei valori della nobiltà. Perché un membro della Real Asociación de Hidalgos de España venga proposto a una così alta distinzione, deve appartenere all'Associazione per almeno venticinque anni, e questa distinzione può essere concessa dopo la morte. Tutti gli illustri con la qualità di meritori, appariranno nelle gallerie di ritratti che la Real Asociación de Hidalgos de España istituisce nelle zone di rappresentazione dei loro edifici ". L'Assemblea Generale della Reale Associazione di Hidalgos di Spagna, il 23 maggio 2018, assegnò la distinzione Benemérito al nobile socio Don Pier Felice degli Uberti entrato nella Real Asociación de Hidalgos de España il 23 dicembre 1983, da subito  iniziò  la sua collaborazione svolgendo moltissime attività   sia in campo assistenziale che culturale.   seguente il suo lavoro venne premiato con la prestigiosa distinzione delle HOJAS DE ROBLE da accollare ai mandoppi (mandoble). Con la ristrutturazione della JUNTA DE ITALIA dal 12 giugno 1989 divenne SECRETARIO GENERAL DE LA JUNTA DE ITALIA carica che mantenne sino al 24 giugno 2009 quando cessò di esistere per fusione per incorporazione in  ITALIA   FSI. Dal 16 ottobre 1991 è membro del CONSEJO ASESOR, massima distinzione a vita riservata a 24 membri della RAHE. Inoltre appartiene ad importantissime corporazioni nobiliari sia italiane, spagnole e scozzesi. (Sotto: Colegio Mayor Marques de la Ensenada)

Il Dr Pier Felice degli Uberti dopo una vita lavorativa svolta ad alti livelli direttivi in vari istituti di credito, è da decenni una indiscussa autorità mondiale al massimo livello in araldica, genealogia ed ordini cavallereschi CIGH nal Commission for Orders of Chivalry - ICOC, della Federazione delle Associazioni Italiane di Genealogia, Storia di Famiglia, Araldica e Scienze Documentarie Interna ICFHS; Vice- Internationale de Généalogie Instituto Internacional de Genealogía y Heráldica - IIGH,
- AIH, Accademico di merito della Real Academia Matritense de Heráldica y Genealogía   RAMGH. È Direttore responsabile di Nobiltà, rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi, de Il Mondo del Cavaliere, rivista internazionale sugli Ordini Cavallereschi e di altri 6 Bollettini e Notiziari.

Il Maestro Cesare Marinacci presidente della giuria del Premio Ernesta Pellegrini.


Premio Ernesta Pellegrini – Musica: compagna d’etica per le nuove generazioni

Conclusa con grande successo e partecipazione la terza edizione del concorso musicale ‘Ernesta Pellegrini’, organizzato dall’associazione culturale ‘Le Voci’, presieduta dalla contessa Annamaria Spezza e coordinata con passione dalla Prof.ssa M° Mara Bufalini; una manifestazione effettivamente ‘corale’ svoltasi con il Patrocinio del Comune di Patrica nella persona del sindaco Lucio Fiordalisio  ed in collaborazione con l’associazione ‘Patrica insieme’ del Dott. Roberto Querdasi, con l’Istituzione Scolastica di Patrica che ha accolto la fase concorsuale nel plesso ‘Simone Simoni’ e l’Oratorio del Sacro Cuore che ha ospitato i concerti di chiusura. Il premio è affettuosamente intitolato alla memoria della docente Ernesta Pellegrini, straordinaria musicista, didatta e fondatrice del Coro Le voci, punto di riferimento dell’attività musicale patricana fino alla prematura scomparsa, impegnatasi con entusiasmo per la diffusione della musica nelle nuove generazioni come veicolo di crescita spirituale ed etica. Il concorso, riservato infatti agli allievi delle scuole medie e superiori ad indirizzo musicale, ha visto ancora una volta una grande partecipazione ed un sorprendente livello tecnico-interpretativo che testimonia la vitalità delle realtà scolastiche territoriali, l’interesse crescente degli studenti nonché l’altissima competenza artistico-professionale dei loro docenti, come ribadito dalla giuria, presieduta dal M° Cesare Marinacci e composta da illustri musicisti, docenti ed esperti come i maestri Alessio Belli, Massimiliano Cerroni, Domenico Ciavardini e Roberto Mattioli, i quali hanno voluto anche sottolineare con gratitudine la calorosa accoglienza, il clima di grande serenità ed affettuosa compartecipazione che hanno saputo creare i responsabili in loco, rappresentati dall’infaticabile Denise Caprara. Come cospicuo è stato il numero dei musicisti intervenuti, altrettanto dunque lo è stato quello dei premi assegnati: Per la categoria chitarre ottima affermazione dell’I.C. 1 Ceccano che ha conseguito un I premio con Leonardo Agnello due II premi con Francesco Farallo e Manuel Maura e due III premi con Jacopo Ciotoli e Carmen Giuliani, mentre la relativa categoria per la scuola superiore ha visto l’affermazione del Liceo Musicale Bragaglia con il I premio per Silvia de Carolis e Sara Masi e il II per Alessandra Fiorini e Damiano De Castro. La categoria fiati solisti ha premiato i clarinetti dell’I.C. di Supino con il I premio di Giulia Mansueti il II premio di Lucrezia Salvati e il III premio per Jacopo Asaro e Mirtilla Grossi; per le scuole superiori il Liceo Bragaglia ha ottenuto il I premio con la Tromba di Aurora Testa il II all’Oboe di Serena Fratangeli e il III ancora alla Tromba per Luca Roccatani. Le categorie Archi soli e Pianoforte hanno visto l’affermazione di Andrea Savino del I.C. 2 Frosinone, I premio al violino, e di Lorenzo Testa e Marie-Lou Capuano provenienti dall’I.C. di Roccasecca che hanno conseguito il II premio per il pianoforte. Come prevedibile, vista anche la consolidata realtà, Le formazioni cameristiche maggiori hanno visto prevalere ancora il Liceo Musicale Bragaglia di Frosinone che si è aggiudicato due primi premi con l’ensemble di Archi e L’ensemble di Flauti nonché un II premio al duo oboistico Marchesini-Gabrielli; così anche nelle percussioni Antonio Savino ha conseguito il II Premio mentre a Salvatore Morganti è andato addirittura il I premio assoluto, per le scuole superiori, con il punteggio massimo.  Per le formazioni cameristiche, provenienti dalle scuole medie, ottima affermazione dell’I.C. Fiuggi-Acuto che ha conseguito un I premio col trio Bracaglia-Maggi-Agnoli  ed un II con il duo Perinelli Abatecola nonchè dell’ I.C. Serrone che ha conseguito il III premio col sestetto Lolli-Minori-Presciani-Bernardini-Nucheli-Proietto.  Primo premio assoluto, per la categoria scuola medie, infine con il massimo punteggio per l’I.C. 2 di Frosinone rappresentato dal quartetto Amadeus. A tutti i vincitori  - che vi invitiamo ad ascoltare nel concerto finale del 1 giugno presso L’Oratorio del Sacro Cuore di Patrica ore 17.30 -  l’ambita medaglia con pergamena celebrativa nonché la borsa di studio ‘Ernesta Pellegrini’ offerta dagli enti organizzatori ed a tutti i partecipanti i complimenti per la sana passione dimostrata in un’attività come la musica che forma come nessuna allo stesso tempo la razionalità, il carattere, l’animo e che rende già tutti vincenti solo per il fatto d’essere praticata. Appuntamento dunque per il prossimo anno con questa prestigiosa manifestazione che grazie alla passione e competenza dei promotori, si conferma ad ogni edizione sempre di più un punto di riferimento della cultura musicale del nostro territorio.

Tradizione Bizantina...

Casa Imperiale e Chiesa Ortodossa nel segno della Tradizione


L'erede legittimo e designato della Casa Imperiale Leopardi di Costantinopoli, il NH Conte Ezra Annibale Foscari Widmann Rezzonico, insieme all'Augusto primo cugino, SAI il Principe Ser Patric Tomassini Paternò Leopardi, si sono recati in devota visita presso la Cappella Palatina di Famiglia, presso il Convento di San Serafino di Sarov, a Pistoia, incontrando S.EM. Monsignor Silvano Livi, Vescono di Luni ed Esarca (per l'Italia) della Santa Chiesa Greco Ortodossa Tradizionale e Gran Cappellano della Casa Imperiale e degli Ordini Dinastici. Ad accompagnare i due cugini, nipoti consanguinei del compianto Augusto Principe Zio, SAI Hugo Josè, sono stati il Primo Consigliere, Barone Roberto Jonghi Lavarini, ed il Segretario Generale, Cavaliere Simone Gambini. La Santa Chiesa Bizantina e l'Augusta Casa Imperiale Heracliana Giustinianea, eredi della Tradizione del Sacro Romano Impero Costantinopolitano d'Oriente, hanno confermato e rinnovato ufficialmente la loro plurisecolare alleanza e collaborazione, nel segno della Fedeltà a San Basilio, Santa Sofia e San Costantino il Grande



giovedì 24 maggio 2018

"Alcune osservazioni sulla neccessità dell'Impero"...



Intervista al filosofo tradizionalista russo Alexander Dugin.

L'Eurasia costituisce per le sue intrinseche peculiarità geografiche, storiche e culturali
Non ha lasciato indifferenti il testo del filosofo Aleksandr Dugin “Orizzonti dell'impero ideale”. In molti, non comprendendo il carattere metaforico dello scritto, lo hanno frainteso ed interpretato in modo errato. La Quarta Teoria Politica non è un progetto utopico. Essa è un sistema ideale concreto che mira ad una trasformazione reale della società attraverso il superamento della post-modernità. Essa è una weltanshauung votata alla sublimazione della teoria attraverso la prassi e, dunque, non si pone come mera astrazione filosofico-concettuale. In quanto idea, la Quarta Teoria Politica è un principio vivente suscettibile di accrescimento ed evoluzione. Il punto di partenza è l'identificazione dell'idea occidentale di progresso come degenerescenza e decadenza di cui l'esasperazione nichilistica è l'esito finale. Ad esso fa seguito la consapevolezza di un valore più alto della vita umana rispetto al volgare possesso di beni materiali e ad una visione del mondo che pone l'uomo (isolato) al centro dell'universo. Tale consapevolezza è condizione necessaria per la comprensione di un progetto filosofico che, attraverso la via heideggeriana del ritorno (ruckker), si erge come strumento per la costruzione di un sistema politico le cui virtù sono connaturate alla sua ambivalente dimensione sacrale e temporale. In questa prospettiva, l'impero, nella sua accezione tradizionale, è il naturale esito di un percorso filosofico e politico che fa della vita associata nell'idea di comunità e di popolo (ethnos) e nel rispetto delle diversità culturali e nazionali presenti all'interno di questo ordine futuro i suoi valori più alti.
Il fine dell'uomo non può infrangersi nell'abisso degenerativo del tempo inteso come progresso senza limite. “Il progresso non esiste. Esiste solo regresso”[1]. La società costruita sul liberalismo come fondamento ideologico totalizzante è incentrata sul regresso progressivo dell'umanità fino al suo totale annullamento attraverso il transumanesimo. Ed il fine dell'uomo non può realizzarsi neanche attraverso lo Stato laico moderno e la sua contemporanea dissoluzione in nome dell'imposizione su scala globale del modello imperialistico-predatorio del capitalismo finanziario occidentale. L'uomo è destinatario di una missione spirituale più elevata che si perfeziona tanto nella politica quanto nella religione. L'impero, nella sua essenza tradizionale di istituzione capace di riunire in sé il potere temporale e quello spirituale, è l'unico sistema atto a realizzare la missione terrena e celeste dell'uomo.
L'impero è il culmine per eccellenza della vita associata dell'uomo. All'idea di impero è estraneo il concetto dell'individuo proprio dell'età moderna e forgiato attraverso il Rinascimento, la Riforma protestante e le rivoluzioni borghesi di fine XVIII secolo. L'impero, per sua natura, tende ad un fine che assume significato solo attraverso forme di condivisione comunitaria della vita umana. In questo senso, l'individuo riscopre il proprio valore attraverso il senso di appartenenza attiva ad una comunità al contempo politica e spirituale. Questa vita associata si esprime in una precisa divisione del lavoro su scala gerarchica in cui ogni livello gode comunque, al contrario di quanto imposto dal regresso modernista, del medesimo grado di dignità.
L'impero è un organismo completo e armonico. Esso si differenzia dall'imperialismo politico-economico moderno perché il suo fondamento è essenzialmente religioso e la sua natura è teocratica ed universalistica. L'impero assume la funzione di regolatore supremo delle relazione tra i diversi popoli (ethnos) che lo compongono. Il suo obiettivo è la pace attraverso la complementarietà (komplementarnost – secondo l'espressione utilizzata dall'antropologo e storico russo Lev N. Gumilev)[2]. La pacifica convivenza è sancita dalla volontà unica di governo che è espressione diretta della volontà divina. L'impero è infatti lo strumento attraverso il quale il diritto divino diventa realtà. E l'imperatore, in base alla sua elezione divina, è tramite tra l'uomo e Dio e come tale, nella prospettiva cristiana bizantina e ghibellina, è prosecutore dell'opera terrena del Cristo in attesa del suo ritorno.
La caratteristica peculiare dell'ideale imperiale ghibellino (splendida primavera europea stroncata sul nascere – secondo la fortunata interpretazione che Julius Evola ne dà nella sua opera Rivolta contro il mondo moderno) è il tentativo di superare la frattura fra cielo e terra (tra la dimensione del sacro e l'impero) propria del cristianesimo occidentale e dovuta alle ambizioni di dominio temporale della Chiesa romana fondate su quel “falso storico” noto come Donazione di Costantino [3]. L'idea imperiale di Federico II rappresenta la massima espressione del ghibellinismo e racchiude in sé l'essenza stessa della natura dell'impero.
Il pensiero di Federico II sull'impero e sulla sovranità temporale, come riportato dallo storico Antonino De Stefano nel suo meraviglioso saggio L'ideale imperiale di Federico II, nasce dalla dottrina agostiniana sul peccato originale. Coloro che abitavano l'Eden erano esseri perfetti e liberi, privi di leggi coercitive per il raggiungimento dei propri fini. L'allontanamento da Dio e dal Polo Celeste ha sancito la perdita di questa perfezione e lo smarrimento della via verso la Verità che è in Dio. E questo smarrimento è all'origine del peccato e della violenza che si manifesta nell'istinto predatorio ed egoistico. Il riscatto da questa situazione di caos non può che avvenire per elezione divina. I principi della terra (eletti da Dio a tale ruolo), in quanto esecutori dei suoi piani, hanno il compito di tenere a freno le volontà delittuose e restaurare l'ordine distrutto dal peccato. In questa prospettiva, l'impero si trasforma in un elemento necessario dell'ordinamento divino. “L'impero è strumento della liberazione dell'uomo dalle conseguenze del peccato”[4]. Qui, l'idea di impero si scosta dalla concezione agostiniana dello Stato come prodotto di una natura intrinsecamente corrotta, e si presenta come rimedio ad essa. Non vi è più distinzione tra la città di Dio e la città terrena in quanto essa è sanata e riabilitata dalla provvidenzialità divina dell'impero. Esso, in quanto unione mistica tra potere temporale e potere religioso è la forma di Stato più vera in quanto destinato alla redenzione spirituale dell'umanità. Questa idea di impero deriva da una cosmovisione polare-paradisiaca che afferma l'esistenza di un Soggetto Divino o divinizzato (l'imperatore come soggetto subordinato solo a Dio) che, attraverso l'espansione del suo potere lungo una direttrice che è sia orizzontale che verticale, pone sotto il suo dominio la massima quantità possibile di spazio redimendolo dal peccato o trasformandolo in paradiso grazie alla sacralità e all'universalità del suo intervento provvidenziale[5]. La coscienza imperiale vive dunque nell'ordine metafisico ed assurge ad una forma di dignità dal carattere trascendete. Tale visione, ispirata dalla rivendicazione di quel sacerdozio regale che accomunava il ruolo dell'imperatore agli attributi di Melchisedek (re di giustizia e sovrano di Salem, figurazione biblica del Re del Mondo), chiaramente rifiuta la prospettiva di san Tommaso d'Aquino secondo la quale al vertice della gerarchia terrena vi sarebbe dovuto essere comunque il Papa seguito da un insieme di istituzioni monarchiche i cui sovrani sono subordinati al potere della Chiesa di Roma. Una prospettiva che fu alla base del superamento dell'ideale ghibellino, il cui ultimo vero esponente fu l'imperatore Arrigo VII morto nel 1313 in circostanze più che sospette[6], e che scatenò il processo di disgregazione di entità politiche unitarie negli Stati-nazione propri della modernità europea.
Ora, la gerarchia stabilità da Dio tra gli uomini è costruita ad immagine di quella celeste. “Dio ha sì subordinato gli uomini ad altri uomini, ma ai principi non concesse nessun altro privilegio. Anzi, ad essi impose solo dei doveri”[7]. L'impero si presenta dunque come un'istituzione che sancisce parità (reale) di doveri e diritti per tutti. Questo è l'unico sistema capace di trasformare il governo in vero liberatore e redentore delle classi umili attraverso l'universalizzazione del privilegio che consiste nell'essere parte integrante di una comunità che si pone sotto una tutela superiore. L'imperatore deve essere esempio e specchio di virtù. La nobiltà intellettuale e di spirito è quella che distingue il vertice della scala gerarchica dal resto degli uomini. Egli deve essere allo stesso tempo monaco, filosofo e guerriero. Egli è il re filosofo di cui parla Aleksandr Dugin nel già citato testo Orizzonte dell'impero ideale. Fulgidi esempi di questo tipo sono stati proprio Federico II (colui che su precisa domanda del Prete Gianni individuò nella misura la “miglior cosa in questo mondo”)[8] , l'imperatore bizantino Niceforo II Foca (condottiero militare capace di ridare dignità imperiale a Bisanzio e che allo stesso tempo fornì un impulso decisivo allo sviluppo del monachesimo cristiano orientale)[9] o, in epoca più recente, Alessandro I di Russia (colui che sconfisse Napoleone Bonaparte e che, secondo una leggenda russa, occultatosi nel 1825, terminò i suoi giorni terreni nei panni di un monaco mistico ed eremita poi fatto santo dalla Chiesa ortodossa russa dal nome di Fedor Kuzmic).
Nel re filosofo, scrive Dugin, non vi è individualità. “Egli è una persona vera, superiore sia all'individuo, sia al collettivo o alla società”[10]. La sua esistenza è votata interamente all'idea imperiale ed al suo dovere verso Dio. Egli non è libero e la libertà nell'impero non esiste perché, parafrasando Hegel, questa non esiste come modello di relazione sociale. Ovviamente qui si intende la libertà nel senso moderno del termine imposto dall'ideologia liberale egemone e totalitaria: ovvero, come mera libertà individuale che non si articola nel senso di scelta tra due azioni etiche differenti ma come libertà di scelta tra forme diverse di schiavitù economica che privano il lavoro di qualsiasi dignità, come libera scelta tra contenitori politici che propongono i medesimi programmi, come libertà di scelta tra prodotti e merci omologhi ma di diverse marche e come libera scelta di trasformare il proprio corpo a seconda delle mode o dei gusti sessuali del momento.
La libertà nell'impero esiste come fides (fedeltà): come libera sottomissione a Dio ed all'imperatore (ponte tra l'ordine fisico e metafisico) che rappresenta l'espressione della volontà divina volta ad edificare la Verità in terra. L'impero è coscienza del mondo e l'imperatore è legge vivente sulla terra.
L'impero non può dunque costituirsi sulla mera forza militare. Una simile istituzione sarebbe destinata a fallire e ad essere vittima del processo storico del divenire. Senza l'essenza imperiale propria dell'antichità e delle culture tradizionali e senza la forza che il monoteismo cristiano e islamico ha dato a tale idea, l'impero si trasformerebbe in un contenitore vuoto che assume i contorni moderni ed antitradizionali dell'imperialismo predatorio nordamericano o più in generale occidentale, anglofono e francofono.
L'Eurasia costituisce per le sue intrinseche peculiarità geografiche, storiche e culturali, il terreno ideale per la nuova manifestazione di questa entità unitaria politico-spirituale. All'interno del grande spazio eurasiatico la civiltà iranica ha fatto da culla all'ideale imperiale. Nella dinastia achemenide era già presente l'idea dell'ascendenza divina della monarchia. Questi sovrani, espressione di una cultura tipicamente tradizionale sviluppatasi lungo lo schema societario trifunzionale proprio della civiltà indoeuropea (re/sacerdoti – guerrieri – agricoltori/lavoratori), rappresentano un mirabile esempio di unione tra sacerdozio e sovranità regale. Il re iranico era infatti il responsabile della conservazione e della rigenerazione del mondo sulla base di una concezione del tempo che in alcun modo poteva essere dissociata dall'eterno.
Un reale progetto volto alla rinascita dell'idea imperiale non può prescindere dalla capacità di sviluppare la sua potenza e la sua autorità attraverso la riappropriazione da parte dell'uomo di quell'ordine superiore che rifiuta l'idea di progresso lineare della storia ricollegandosi proprio a quelle tradizioni indoeuropee che intendevano il tempo come moto circolare inserito nell'eterno disegno di Dio. Il tempo deve essere interpretato come manifestazione eterna del Divino. Ed in quanto eterno, esso può fluire sia in avanti che in indietro. Il tempo è ciclico e reversibile.
Questa progettualità assume dunque il carattere di un “ritorno” al momento in cui l'umanità sublimava se stessa attraverso la condivisione del tempo eterno di Dio. Questo “ritorno” si compie attraverso un cammino impervio. È il calvario hegeliano dello Spirito la cui nuova parusia altro non è che l'attestazione dell'esistenza di Dio. La Pasqua dello Spirito coincide in questo senso con l'Ereignis: l'Evento heideggeriano[11]. Essa è comunque l'esito del Venerdì speculativo dello Spirito: ovvero, la caduta dell'umanità nell'abisso dell'anti-metafisica e la trasformazione della metafisica stessa nella sua anti-essenza postulata a fondamento della società moderna.
Il tradizionalismo può essere il sostrato ideologico utile per il compimento di questa impresa volta alla riappropriazione della dimensione del sacro ed alla costruzione dell'unità politica e spirituale del grande spazio eurasiatico sul modello imperiale. La Tradizione, in questo senso, si pone come Soggetto della Quarta Teoria Politica accanto al Dasein (Esser-ci heideggeriano).
Il ruolo fondamentale del tradizionalismo deriva dal fatto che esso sia intrinsecamente connesso all'idea di un comune linguaggio e di una comune religione primordiali dell'umanità, e con essi sull'idea dell'umanità come fenomeno polare. Quel Polo nordico e celeste che, nella prospettiva dello studioso olandese naturalizzato tedesco Herman Wirth, è stato il punto attraverso il quale i raggi della civilizzazione si sono diffusi verso il sud del mondo[12]. La forma spirituale di questa umanità artica era improntata su un'esperienza cosmico-estatica del divino. Il tempo originario,  sempre uguale a se stesso, rendeva impercettibile la distinzione tra creato ed increato e l'uomo, coinvolto in prima persona nell'anno-Dio, faceva esperienza diretta della luce celeste[13]. Questa primordiale centralità del sole era alla base di quello che Wirth chiamava urmonotheismus. “L'elemento essenziale di questa religiosità primordiale, che si esprimeva essenzialmente su una base monoteistica, sarebbe stato costituito da una sorta di rivelazione naturale nella quale il ruolo primario veniva ad essere ricoperto dall'esperienza immediata della luce cosmica, dai significati spirituali coperti dal sole e dai diversi momenti che ritmano il suo percorso celeste, l'anno-Dio raffigurato come soffio/vita del sole […] Da un originario padre cosmico sarebbe derivato un figlio, il portatore di quella che Wirth definiva la luce della terra; il sole, il veicolo corporeo della luce spirituale”[14].
Le idee di Herman Wirth sono il prodotto di studi comparati tra diverse discipline: linguistica, paleografia, simbologia, paletnologia, folklore e storia delle religioni. Un eco delle sue idee lo si ritrova nella maggior parte delle tradizioni eurasiatiche e nello stesso pensiero filosofico di questo vasto continente.
Il filosofo bizantino Giorgio Gemisto Pletone, portatore di un'ideale di riunificazione delle religioni sulla base del platonismo e della loro unità primordiale, parlò espressamente delle ricerca del paradiso come percorso interiore dello Spirito verso il centro dell'anima circonfuso di luce. Secondo Pletone, attraverso la filosofica platonica, erede di quella zoroastriana, si sarebbe potuto dare vita ad una società teocentrica e teocratica ispirata al culto solare. Egli si riteneva prosecutore di una linea sapienziale che aveva le sue origini nell'antichità ed attraverso Zoroastro, Pitagora, Platone ed anche i brahmani era arrivato fino a lui. Pletone venne accusato di voler restaurare il paganesimo ad imitazione dell'imperatore romano Giuliano l'apostata. Tuttavia, il suo era semplicemente un tentativo di riconciliare l'uomo con i caratteri religiosi del primordio attraverso il platonismo ed il monoteismo solare: unica via per superare le controversie religiose, sia tra cristiani che tra cristiani e musulmani, e fondare la pace universale. Questa prospettiva filosofica risentiva enormemente dell'influenza esercitata dallo Sheikh al-Ishraq Shihab al-Din Yahya Sohrawardi; padre della teosofia orientale e convinto assertore dell'esistenza presso gli antichi persiani di una comunità guidata direttamente da Dio. La loro sublime dottrina della luce sarebbe stata testimoniata da Platone e da Ermete Trismegisto. Essa si fonda sulla visione estatica degli esseri di luce. E questa luce altro non è che la “luce di gloria” dello zoroastrismo (xvarnah: termine che indica la fiammata primordiale che è la fonte degli splendori aurorali, quelle ipostasi di luce che generandosi a vicenda dalle loro stesse irradiazioni raggiungono l'innumerevole)[15]. La luce si oppone alla pura tenebra (barzakh): il mondo occidentale (landa dell'occaso) in cui regna il male a causa dell'assenza di Dio. Afferma Dugin: “Il capitale regna laddove il sole muore”. Il ritorno all'Oriente delle luci è la metafora attraverso la quale l'uomo percorre la via iniziatica che lo spinge ad abbandonare l'esilio occidentale e giungere alla propria realizzazione spirituale ed umana.
A queste linee sapienziali Dugin si ispira quando afferma che il re filosofo, seduto al centro di Platonopoli, vivrà un'esistenza la cui intensità trascende i limiti circondato da altri filosofi e sacerdoti sacri che vivranno a loro volta un'esistenza angelica[16]. Ed è su queste linee sapienziali, ispirate dalla conoscenza sacra, che bisogna costruire le premesse filosofiche ed ideologiche per l'ordine imperiale futuro. Un'istituzione politica, potenza tellurica e tradizionale, che rifiuta per sua natura il principio democratico proprio della talassocrazia nordatlantica[17].




[1]   A. Dugin, Hegel and the Platonic Leap Down, su www.eurasianist-archive.com.
[2]   Qui da intendere come forma subconscia di simpatia reciproca tra diverse persone sia individuali che collettivo-sinfoniche. Questo concetto è utile per spiegare i meccanismi di interazione tra i diversi ethnos attratti l'un l'altro da positiva complementarietà. Si veda a tal proposito M. Conserva – V. Levant, Lev Nikolaevic Gumilev, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2005.
[3]   Presunto editto dell'imperatore romano Costantino, datato 315 d.C., che sancisce la superiorità del potere papale su quello imperiale e la superiorità del vescovo di Roma sui patriarcati orientali. Il filologo italiano Lorenzo Valla (1407-1457) dimostrò inequivocabilmente, purtroppo troppo tardi, che si trattava di un falso.
[4]   A. De Stefano, L'idea imperiale di Federico II, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1978, p. 49.
[5]   Si veda a tal proposito il saggio di A. Dugin, Le radici metafisiche delle ideologie politiche, contenuto in Continente Russia, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 1991.
[6]   Colui che venne definito da Dante come “Sanctissimo, Triumphatori et Domino Singulari Divina Providentia Romanorum Regi”, e la cui morte, insieme alla distruzione dell'Ordine del Tempio, Renè Guènon interpretò come l'inizio dell'età moderna e la fine del medioevo europeo.
[7]   L'idea imperiale di Federico II, ivi cit., p. 41.
[8]   C. Mutti, Introduzione a L'idea imperiale di Federico II, ivi cit., p. 21.
[9]   G. Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, Einaudi, Torino 1993, p.143.
[10] A. Dugin, Orizzonte dell'impero ideale, su www.geopolitica.ru.
[11] Hegel and the Platonic Leap Down, ivi cit.
[12] A. Dugin, Herman Wirth and the Sacred Proto-Language of Humanity, su www.eurasianist-archive.com.
[13] A. Branwen, Ultima Thule. Julius Evola e Herman Wirth, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2007, p. 31. 
[14] Ibidem, p. 57.
[15] H. Corbin, Storia della filosofia islamica, Edizioni Adelphi, Milano 1991, pp. 218-219.
[16] Orizzonte dell'impero ideale, ivi cit.
[17] Si veda a tal proposito C. Mutti, Democrazia e talassocrazia, Effepi, Genova 2014. Afferma il Professor Mutti che la democrazia è associata sin dalla sua origine ateniese all'idea di talassocrazia. Di fatto, l'incremento di poteri del demos ateniese derivò proprio da quella riorganizzazione della flotta che avrebbe garantito alla città il dominio sul mare. Iniziativa che già secondo Aristotele accentuò la corruzione della polis. Senza considerare che altri uomini dell'epoca, Alcibiade su tutti, consideravano la democrazia come “pazzia generalmente riconosciuta” in quanto governo dell'incompetenza ed irresponsabilità eretta a sistema. Un sistema fondato sulla miseria culturale e sull'immoralità della classe politica che si contraddistingueva per aver consentito a vere e proprie canaglie (i kakoi) di governare.

"Sacerdoti, nobili e guerrieri recuperino le loro posizioni essenziali"...


02.04.2018 Intervista al filosofo tradizionalista russo Prof. ALEXANDER DUGIN

1. Il concetto del “Dasein” (esserci) di Martin Heidegger è un significativo ancoraggio della sua riflessione sulla concretezza antropologico-esistenziale della condizione umana, tra Terra e Mondo. Ritiene il suo pensiero una geofilosofia?
Io considero Martin Heidegger come il più grande filosofo. Ma esiste una sua parte esplicita, nei suoi scritti, ed una sua implicita. Egli fu in grado di sviluppare una base filosofica per molte differenti applicazioni del suo pensiero che egli stesso non specificò. In tal maniera io ho trovato in Heidegger molti principi di filosofia politica che, però, sono approcciabili solamente se siamo in grado di cogliere alcune allusioni, correzioni, precisazioni che possiamo dedurre dal contesto generale della sua opera filosofica. Tutto ciò non ha quasi nulla a che vedere con il suo personale coinvolgimento politico. E’ qualcosa di più profondo. In tal maniera, essendo a qualsiasi grado dei seguaci della Terza Teoria Politica egli ha posto le condizioni per la fondazione di una Quarta Teoria Politica e Metapolitica. Ciò valga anche per la geofilosofia. Sul piano esplicito egli non ha mai sviluppato nulla in merito ma se consideriamo il significato pieno del Da nel concetto di Da-sein, siamo in grado di scoprire la dimensione fondamentale della cosiddetta geografia, o anche del concetto di ambiente, dei mezzi per comprendere qualcosa di esistenziale. Io lo chiamo orizzonte esistenziale.
Altro punto: Heidegger stesso era convinto del carattere universale del Dasein pur essendo etnocentrico come molte persone intellettualmente dotate (ma anche come altre persone molto meno dotate intellettualmente, gli Occidentali non fanno eccezione), giusto in quanto il nostro modo di pensare è legato alla lingua, alla cultura, alla storia in senso di Seynsegeschichte. Il sistema Heideggeriano di Dasein come qualcosa di “universale” significa sempre il Dasein Occidental-Europeo – in primo luogo Greco e Germanico sopra tutto; ciò corrisponde, nella sua visione, all’inizio ed alla fine del Pensiero filosofico. In tal modo se accettiamo il carattere esistenziale di un luogo (DA) ed il suo legame ontologico con la cultura e la lingua allora notiamo che ciascun DA (situazione, allocazione, radicamento territoriale, geografico o culturale ) presenta differenti relazioni con l’Essere (Sein) proprio a causa di fattori come la lingua e la cultura. Sicché noi riceveremo la percezione di avere a che fare con differenti Daseins in corrispondenza con un diverso complesso di “die Existentialen” (realtà esistenziali ndr) .
La relazione con il concetto di Morte (addivenire ad uno stato di Morte) e del concetto di avere cura di sé (Sorge ) sono variabili in ragione dei differenti luoghi intesi anche come dei diversi orizzonti esistenziali. Da lì iniziano le teorie su moltitudini di Daseins che sono il nocciolo della filosofia multipolare e della geofilosofia che ne costituisce il basamento ontologico (lo chiamerei fondamento ontologico ). Ho avuto modo di parlare una volta con un discepolo diretto di Heidegger, il prof. Von Herrmann. Egli ci ha detto che Heidegger avrebbe dissentito con una simile interpretazione del Dasein.
Ma tuttavia nella mia visione della sua filosofia e nella mia interpretazione della sua fenomenologia in specifico (che era parimenti Eurocentrica – usando termini “a la Husserl” diremmo “relativa all’umanità europea”- con una espressione molto indovinata!) noi potremmo allargare la comprensione del Dasein anche proseguendo a riconoscere la differenza antropologica delle culture insistendo non solamente sul termine “cultura” (come giustamente suggerisce il moderno antropologo brasiliano Viveiros de Castro) ma anche teorizzando diverse interpretazioni della medesima realtà (multinaturalismo).
Essere nel Mondo come caratteristiche esistenziali del Dasein pone le basi per concepire diversi Mondi, se teniamo fermo il pensiero di avere una moltitudine di Daseins. Ed è proprio partendo da Heidegger e rimanendo assolutamente in debito con il suo pensiero che io ho deciso di applicare le sue idee in ordine a dei reami che egli decise di evitare o marginalizzare o che, esplicitamente, volle addirittura negare. Forse il mio studio di Heidegger è un po’ eterodosso ma con un così grande, grande e grande pensatore l’ortodossia è qualcosa di dubbioso, di insignificante ed alla fine della fiera di impossibile.
2. Il processo di civilizzazione comporta una crescente e drammatica separazione tra natura e cultura. Quale è la sua interpretazione della tecnica al cospetto della sostenibilità ecologica?
La Tecnica è metafisica in sé stessa. Non c’è nulla di tecnico nella tecnica. Essa inizia con una radicale linea di separazione tra I due reami dell’essere -cultura e natura- finendo con ucciderli entrambi (nessuna natura e cultura sono più presenti, almeno fino ad adesso). L’unica tecnica accettabile è la tecnica filosofica: il Logos, ma solo quando esso sia pienamente in stato di coscienza delle sue radici esistenziali, restando il Logos fondamentalmente basato sulla ontologia. Io non credo alla natura senza cultura e viceversa. La Cultura è naturale e la Natura è culturale. Soggetto ed Oggetto sono due lati dello stesso Essere nel Mondo e la tecnica è l’artificioso e suicida insulto nei confronti della sua unità esistenziale. Dovremmo saper rivisitare il principale concetto filosofico che ha posto gli ecologisti nell’errore purchè lo siano allo stesso modo dei tecnocrati.
3. La dismisura è il segno distintivo del processo di accumulazione e dissipazione della società dei consumi e della occidentalizzazione del Mondo. Quale è la sua riflessione sulla “misura” e il senso del “limite”?
E’ la sostanza del problema. I Greci la chiamarono ὕβρις cioè la forma essenziale del titanismo. Il Paradiso è la misura – in termini di spazio, tempo, essere. Quando noi perdiamo il Paradiso noi perdiamo la misura. Ernst Junger giustamente ha descritto il mondo della Modernità come il regno del Titano, della «dismisura» (ndr, in italiano come scritto dall’autore), della ὕβρις. La Tecnica in sé è già ὕβρις in quanto tende ad accumulare e quindi a rompere l’equilibrio. Marcel Mauss nel suo testo intitolato Economia come dono ha chiarito l’importanza della cerimonia del Potlach (Ndr, usanza dei nativi nordamericani), quindi della distruzione di tutto il prodotto superfluo in una sorta di rito orgiastico sacrale. Il titanismo è l’abdicazione e l’oblio di questa pratica sacrificale ed in ciò resta l’origine del capitalismo e della Modernità. Se noi vogliamo sempre di più e più ancora si verifica la dismisura e ciò stesso costituisce un abuso che noi pagheremo sempre peggio finendo in una condizione di oscurità e di illusione. Una volta che ciò si paleserà come una catastrofe si manifesteranno guerre ed annichilimento conseguente di ciò che abbiamo accumulato come superfluo.
Il Capitalismo è titanico e smisurato. Esso è la rivolta della Terra contro il Paradiso. Ma una volta che il Paradiso reagisce gli Dei restaurano la misura uccidendo Titani e Giganti. Questa è la Rivoluzione Conservatrice ed il ritorno alla Misura con la punizione delle potenze ctonie ribelli.
4. Ritiene che la distinzione tra universale e universalismo possa cogliere la differenza tra il pluralismo culturale e l’assimilazione occidentale?
La vera universalità è apofatica allo stesso modo dell’Uno di Platone, di Parmenide e dei Neoplatonici. In tal modo noi possiamo approcciare al concetto di universalità solo in quanto tangenti ad esso.La vera universalità non è la distruzione del particolare, dell’etnico, del nazionale, del religioso o del culturalmente delimitato, ma la piena realizzazione dell’essenza di tutte queste caratteristiche. L’uomo etnico è la strada per giungere all’uomo universale, la realizzazione dell’autentica esistenza del Dasein concreto ci porta a toccare la possibilità mai sperimentata fino in fondo del Dasein universale.
Per questo il moderno universalismo è assolutamente sbagliato. Esso divide I popoli in monadì atomizzate ed individualistiche e ciò non porterà mai al concetto di universale, anzi ne contribuisce all’allontanamento. Cercare di arrivare a immaginare, senza alcun tipo di concetto collettivo (etnico, culturale, religioso e così via) un uomo universale ci conduce solo alla macchina, distruggendo tutto ciò che rimane di umano in noi. In tal modo l’universalismo liberale diventa addirittura più particolaristico del particolarismo naturale delle differenti culture e popolazioni. Attraverso i popoli noi scopriamo la simbolica universalità che ci tocca disvelare, interpretare. Il popolo è la via per l’Uomo; l’individuo è qualcosa che si rende eguale a sé stesso ed in via finale esso diventa assolutamente un essere senza significato deprivato della propria lingua e cultura, un essere trasformato in una macchina. In tal guisa possiamo affermare che l’assimilazionismo è positivo solo quando esista una proposta sul cosa noi desiderassimo di creare qualora si parlasse di un progetto di identità collettiva in cui farsi assimilare. Il moderno progetto di assimilazionismo occidentale è, all’opposto, un invito all’assoluta solitudine, integrandosi in una specie di massa informe di singoli.
5. La sua teorizzazione della “quarta teoria politica” parte dall’assunto della dissoluzione delle grandi narrazioni ideologiche moderne, compreso il liberalismo che apparentemente sembrerebbe incontrastato “pensiero unico” della contemporaneità? In quale senso oggi dobbiamo cogliere l’onnipervasività pratica dell’individualismo utilitaristico della “forma capitale”?
Io penso che il punto più interessante sia il destino del concetto di individuo che si pone alla base del liberalismo, la sua bandiera, il suo soggetto. Si può definire “monade”. La monade individuale è il comune denominatore del moderno capitalismo – il regno delle monadi autonome. Ma il problema è che la monade conserva la sua “monadità” solo venendo supportata dalla pertinenza all’Uno Apofatico. Sicchè la monade è monade solo in quanto enade allo stesso tempo. Ciò significa che essa dovrebbe essere aperta dall’alto. Se chiudiamo la monade (come nel caso del liberal capitalismo) noi non la rendiamo indipendente nè dalla moltitudine dal basso nè dall’enade (unità apofatica – universalità reale) dall’alto. E’ una illusione liberale. Nel momento in cui affermiamo la monade contro l’Unità integrativa, allo stesso modo ne distruggiamo la monadicità della medesima monade aprendo la strada ad una sottintesa molteplicità. In tal modo l’individuo diventa dividuo precisamente nel momento in cui si afferma come individuo e nulla più. IL Nulla significa in tal caso Uno apofatico (enade). In tal guisa noi stiamo vivendo in un mondo dove le monadi si autodissolvono. E’ un “mileu” quasi naturale per la nostra esistenza. Stiamo vivendo nella dissoluzione, nella società liquida e questa liquidità del capitale rappresenza il nuovo nomadismo e lo spezzettamento della personalità in legami organizzati di qualsiasi tipo.
Non c’è più il soggetto. L’individuo (nei fatti un dividuo) diventa sempre più oggettivizzato, frammentario e dissipato. Sicché manca il vecchio buon utilitarismo in quanto è assente l’individuo umano. Stiamo diventando sempre più post-umani e prima di essere rimpiazzati da intelligenze artificiali dovremmo essere trasformati in robot. Nel qual caso non avremmo neppure in nota l’ultima trasformazione. Il pensiero unico non è più umano, è un tipo di programma da computer destinato manco più a degli utilizzatori ma ai relativi algoritmi. Non siamo più noi gli utilizzatori, non illudiamoci: siamo usati ed abusati dal Sistema ed il Liberalismo diventa ogni giorno sempre più totalitario. Io lo definisco il Terzo Totalitalismo.
6. Albert Einstein affermava: «Non si può risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che lo ha creato». Non può essere un’ideologia quindi, bensì un modo dinamico di pensare e confrontarsi con una transizione epocale. Quali caratteristiche deve avere una forma mentis adeguata al confronto tra principi e relativismo dominante? Un mutamento di “paradigma”?
Esattamente. Il tipo di pensiero che previene la soluzione alle sfide della Modenità e della Post-Modernità – più che una corretta formulazione di dette sfide- è propriamente nelle tre teorie politiche. Nulla si può correttamente risolvere e formulare quando si rimane sulle posizioni del liberalismo, del marxismo e del nazionalismo . Il problema non è nella Modernità, il problema è la Modernità medesima. La Post-Modernità annuciava di aver superato il problema ma in realtà ha fallito drasticamente proprio sulla base della conservazione dello stesso pathos liberazionista, immanentista, titanico e progressista della Modernità, del suo spirito Illuministico. La Post- Modernità volle solo incrementare la Modernità, renderla più moderna, sicchè ritengo che ci sia bisogno di un cambio radicale di paradigma.
In primo luogo abbiamo bisogno di accettare l’idea che esista o che sia anche lontanamente teorizzabile un qualcosa che sia assolutamente estraneo alla Modernità. La Modernità è assolutamente sbagliata. Tutti I suoi assoluti, valori, ideali, verità, conoscenze convenzionali da essa adottate e così via, tutto ciò dovrebbe essere messo a margine. Non dovremmo combattere questi elementi, semplicemente dovremmo distanziarci da essi mettendo tra noi e quelli tutta la distanza possibile di cui la Post-Modernità ci rende capaci.
Io penso che il tradizionalismo di Guenon ed Evola siano eccellenti esempi di cosa si stia parlando. Essi sono molto più post-moderni che qualsiasi altro filosofo ultra-radicale tipo Deleuze. Deleuze è totalmente programmato dallo spirito della Modernità, il suo è un algoritmo. Così un cambio di paradigma dovrebbe essere veramente radicale; più radicale di quanto I supposti radicali possano immaginare.
7. Oltrepassare la modernità significa criticare la società aperta senza una regressione autoritaria. Quali caratteristiche sociali può avere un comunitarismo partecipativo e volontaristico che abbini libertà e obblighi politici?
Oltrepassare la Modernità non è facile, ogni alternativa rischia di essere impregnata di alcuni pregiudizi moderni. Abbiamo bisogno di non temere nulla, incluso il regresso, l’autoritarismo e così via. Noi ci vergognamo di questi fenomeni perché risentiamo della mentalità moderna. Io apprezzo il comunitarismo, in sé possiede qualcosa di premoderno in quanto comunità organica di persone che vivono relazioni personalizzate con la natura e con I propri simili. Ma non dovremmo escludere un immaginario imperiale basato sulle gerarchie e sulla sacralità. Noi abbiamo bisogno di restaurare tutte e tre le funzioni originarie tradizionali quali il Sacerdote, il Guerriero ed il Contadino. L’economia è il campo del contadino, in tal modo la comunità rurale e dei piccoli artigiani sono la base dell’aspetto materiale della società. Ma al di fuori della Modernità tale aspetto materiale dovrebbe occupare l’ultimo posto di ciò che interessa. La base reale della società dovrebbe essere il Paradiso, la vita spirituale, I valori sacralizzati. La Terra dovrebbe essere, una volta ancora, conquistata dal Paradiso perché I Sacerdoti ed I Guerrieri recuperino le loro posizioni essenziali. Abbiamo, in tal modo, bisogno di invertire il processo della Modernità che iniziò con il posizionare, all’opposto, il materiale al di sopra dello spirituale, la Terra sopra il Paradiso.
8. Se Ortega y Gasset, con “La ribellione delle masse”, aveva colto il culmine novecentesco di una modernità priva di tipi sociali capaci di indirizzare il destino degli eventi storici, Cristopher Lasch, con “La ribellione delle élite”, ha illustrato come le classi dirigenti postmoderne riflettano le principali caratteristiche indistinte della massa. Quale ruolo ha il “politico” nella sua teorizzazione filosofica?
Il Politico è parte del Filosofico, non possono essere separati. Ogni pensiero filosofico ha una dimensione politica, ogni azione politica si innesta nei reami della filosofia ma il Politico è espressione non l’origine del Filosofico. Così noi abbiamo bisogno di vedere la sua unità ontologica con una gerarchia implicita. Ogni concetto politico non è altro che uno strumento nella mano di un filosofo ma la politica sta sulla linea del fronte mentre il filosofo rimane nell’ombra.
9. Si riconosce in una lettura geopolitica multilaterale delle relazioni internazionali? Quale rapporto continentale coglie tra la Russia e l’Europa?
Ho scritto molti libri in merito e non mi è possibile ripeterne tutto il contenuto in poche parole. Il Multipolarismo è la conseguenza della mia comprensione della pluralità dei Daseins. La Russia dovrebbe diventare un polo indipendente del mondo multipolare, L’Europa dovrebbe diventare un altro polo. Noi possediamo due Dasein differenti e dobbiamo rispettare queste differenze. Forse esiste una Terza Europa (Europa Orientale) per via dei particolari caratteri delle peculiarità est-europee e dei relativi Logos. Attualmente sto lavorando ad un’opera tra 19 e 20 volumi che costituirà la mia creazione principale: Noomahia, dedicata specialmente all’Europa Orientale. Ma in generale io considero Europa e lo spazio Russia- Eurasia come due civilizzazioni separate con molti caratteri comuni ma anche molte differenze. Il dialogo di entrambe può essere molto utile per entrambi noi … ma dovrebbe essere il dialogo tra un’Europa Europea ed una Russia Russa.
10. La fisica e la filosofia contemporanee hanno rivalutato l’idea del Caos, riferita non a un qualunque e informe disordine, ma ai sistemi complessi, alle equazioni con più risultati aperti, i quali, in realtà, costituiscono un ordine più complesso, difficile da afferrare nell’esperienza naturale, eppure esistente. Nutre un visione pessimistica sulla decadenza della civiltà o ritiene la storia aperta e non determinata? La ringrazio per il tempo che ci ha riservato.
Il concetto di Chaos è molto profondo e richiede una lettura completa. Lo sto studiando nelle antiche culture e nelle sue interpretazioni contemporanee. Chaos è lo stato di un mondo che precede l’Ordine. Questo è essenziale. Questo Chaos è la possibilità di una nuova creazione. I moderni comprendono la parola Chaos con la confusione che segue la distruzione di un ordine. E’, infatti, il caso del Chaos nel senso attuale. Non è il chaotico nel senso Greco, è un Chaos morto, che non ha vita in sé, in nessun modo. Io sono pessimista sullo status quo. Se le cose proseguono lungo la stessa strada che stanno seguendo adesso ciò porterà alla totale distruzione dell’umanità. Forse ce lo meritiamo. Più noi progrediamo più siamo condannati. Ma prima di essere totalmente rimpiazzati dall’Intelligenza Artificiale che I globalisti ed I progressisti vogliono applicare noi possiamo decidere altrimenti. L’unica cosa che ci distingue dalle macchine (ma già noi siamo macchine in qualche modo dal momento in cui accettiamo il Sistema per come è) è la capacità di decidere. L’unica decisione che si configura come una reale Decisione è scegliere tra l’Esistere ed il Non esistere autenticamente. Cosa noi scegliamo: tra il Sè del Dasein e l’Uomo dell’Intelligenza Artificiale.
Ora abbiamo l’ultima possibilità di scegliere differentemente. Per cui, si, io credo nella storia come un percorso aperto. Ma questa chance ci sarà data prima che noi si perda la possibilità di morire perchè l’essenza del Dasein è di continuare ad essere di fronte alla Morte. Il progetto sull’immortalità (post-umanismo) e quello sull’Intelligenza Artificiale sono entrambi vie per deprivarci del nostro Dasein. Non abbiamo altro da perdere che il nostro Dasein, tutto il resto è già perduto.
Intervista a cura di Eduardo Zarelli
(traduzione dall’inglese a cura di Stefano Codari)