Fraintendimenti
in merito alla traslazione del III re d’Italia e della regina Elena
Dott.
Pier Felice degli Uberti*
Consultore
della Consulta dei senatori del Regno
(presieduta
dal prof. Pier Luigi Duvina)
Mi
occupo ormai da 40 anni di araldica, genealogia, storia del diritto nobiliare,
ed ordini cavallereschi, forse un po’ in maniera eccessivamente accurata come deve
fare uno storico che si basa solo sui documenti, nel modo che viene insegnato
nelle università. Per questo mi chiedo perché non sempre venga fatta una
ricerca storica documentale che permetta di evitare imprecisioni o diffondere
informazioni errate, che purtroppo poi vengono ripetute nel tempo, non
essendoci controlli sulle affermazioni.
Di
questi giorni è il ritorno in Patria dei resti mortali di Vittorio Emanuele III
che regnò dopo il regicidio paterno dal 29 luglio 1900 al 9 maggio 1946, per
poi assumere dopo l’abdicazione il titolo di conte di Pollenzo. La stampa ha
diffuso polemiche su base politica, o dato spazio alla risoluzione di un “problema”
settantennale accantonando quel senso legato alla “pietas” che la nostra
cultura latina ci ha insegnato.
Non
entro in merito a chi vuole attribuirsi l’onore di “primo della classe”, ricordando
che le buone intenzioni sono state espresse, anche in maniera costruttiva, e da
anni, da tutti gli schieramenti monarchici, anche se alla fine ha prevalso una azione
che rinnega l’atteggiamento del figlio degli ex-sovrani Umberto II, che desiderava
una collocazione legata alla storia del nostro Risorgimento.
Sono
orgoglioso di essere Italiano e rispetto la Storia d’Italia che - nel bene o
nel male - ha raggiunto la sua unità nazionale grazie ai Savoia. All’aeroporto
di Cuneo-Levaldigi il 17 dicembre 2017 è atterrato un aereo dell’aereonautica
militare proveniente da Alessandria d’Egitto con i resti di Vittorio Emanuele
III, e sui social è apparsa una foto dove si vede che viene accolto da 3
militari che lo hanno salutato (come ho già visto fare quando passa un morto) sollevando
addirittura una polemica di carattere politico, che dimentica che se non era
più il re d’Italia (il capo dello Stato), Vittorio Emanuele III rimaneva comunque,
in quanto maresciallo d’Italia, un ufficiale del più alto rango a cui (non
essendo stato condannato da nessuna sentenza passata in giudicato), competeterebbero
per cortesia quegli onori militari proprio per il grado rivestito.
Ricordo
che oggi la Repubblica Italiana giustamente in base alla legge del 7 febbraio
1987, n. 36, Disciplina delle esequie di Stato. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
il 23 febbraio 1987, n. 44 - Allegato 12[1],
paga addirittura il funerale alle alte cariche dello Stato anche se non sono
più in carica.
Sono
seguite polemiche addirittura sul luogo di sepoltura che tirano in ballo
tradizioni che non esistono nella storia di Casa Savoia, la quale avendo
diversi stati dislocati in regioni geografiche diverse non possedeva una “tomba
di famiglia” certa, venendo scelta in base alle esigenze del momento, e se vi
furono progetti in tal senso, alla fine non vennero portati a termine; ne è
prova il fatto che i resti dei Savoia sono sparsi in varie Chiese all’interno
dei loro antichi stati (e in alcuni casi pure fuori dagli stessi), e solo con
la venuta di Vittorio Amedeo II che costruisce la Basilica di Superga si incomincia
a vedere un vero sepolcro di famiglia, che tuttavia non accoglie neppure tutti
i sovrani del regno di Sardegna.
Con
l’avvento del regno d’Italia e Roma capitale, nel momento che muore il primo re
d’Italia si scarta Superga in quanto luogo di sepoltura dei re di Sardegna, e
si porta la salma del re al Pantheon, iniziando quella tradizione che vede lì
sepolti i re d’Italia.
Già
nel 1880 Umberto I figlio di Vittorio Emanuele II avrebbe voluto che il
Vittoriano[2]
di Roma fosse la sua tomba, ma mi chiedo allora perché dal 1921 (data in cui il
Vittoriano accoglie i resti del Milite Ignoto) al 2 giugno 1946 non siano stati
trasferiti lì i re sepolti al Pantheon, e perché addirittura la regina
Margherita morta nel 1926 sia stata sepolta al Pantheon.
Se
quel progetto di Umberto I voleva concretizzarsi la regina Margherita avrebbe
dovuto riposare al Vittoriano visto che di locali per eventuali tombe ve ne erano
a iosa. Anche quando vi fu la sua riforma, quell’associazione che era preposta
al servizio d’onore alle tombe dei re d’Italia (chiamata quando sorse nel 1878 “Comizio
generale dei veterani 1848 - 1870”) nel 1932 si trasformò assumendo il nome di “Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore
alle Reali Tombe del Pantheon” - INGORTP, assunzione che dimostra che nell’idea
generale e nella realtà dei fatti il Pantheon era ritenuto la sede delle tombe
dei re d’Italia.
Anche
l’ultimo re Umberto II sostenne sempre che i suoi genitori dovessero trovare
riposo al Pantheon, e rifiutò altre sedi ben legate alla storia dei Savoia.
Ma
ci sono altri punti di questa vicenda che mi fanno un po’ pensare, forse perché
non riesco a trovare la motivazione di certe scelte se non originate da uno
studio non approfondito.
La
tomba di Vittorio Emanuele III ad Alessandria d’Egitto recava l’iscrizione “Vittorio
Emanuele di Savoia 1869 - 1947”, l’iscrizione fu voluta dal figlio, re Umberto
II, e ci dovremmo chiedere perché non è scritto “III” e neppure “re d’Italia”.
Ricordate le parole di Vittorio Emanuele III quando disse al figlio: “In casa
Savoia, si regna uno alla volta”? Ebbene in quel momento il re era Umberto II e
non il padre che volle assumere il titolo di conte di Pollenzo[3].
Quindi
in Italia sono rientrati i resti mortali del conte di Pollenzo, che era l’ex-re
d’Italia Vittorio Emanuele III, evento di altra portata da quello del rientro
di un capo di Stato[4].
Questa
è la ragione per cui ritengo imprecisa per la storia la lapide di Vicoforte di
Vittorio Emanuele, dove si doveva leggere:
VITTORIO
EMANUELE III di SAVOIA
III
RE D’ITALIA
1869-1947
Mi
permetto di far presente che non essendo più il re d’Italia avrebbe dovuto
riassumere il cognome di Famiglia, come devono fare i principi che non sono capi
della Real Casa d’Italia, e ci doveva essere l’indicazione di terzo perché dopo di lui c’è stato il
quarto re d’Italia, anche perché è stata posta la data di morte, avvenuta
quando ormai era il conte di Pollenzo e non più il re d’Italia[5].
Prestando
fede a quanto ha dichiarato alla stampa il presidente del Senato Pietro Grasso,
la seconda alta carica della Repubblica Italiana, si tratterebbe di “un mero atto di umana compassione senza
alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà”, ma nella realtà dei
fatti sono state pubblicate fotografie che ritraggono la benedizione dei resti
mortali e dimostrano in una cerimonia di carattere privato l’utilizzo improprio
di una corona, che voleva essere la corona Reale di Savoia (o almeno così viene
scritto perché la corona che appare nel suo gusto rococò non rispetta l’iconografia
classica della corona di Savoia), una corona che “Secondo quanto previsto dal piccolo cerimoniale venne appoggiata al
cuscino quadrato di velluto chermisino, gallonato e con quattro nappe d’oro,
una per angolo, poggiante sulla coltre, superiormente d’oro che ricopriva la
cassa e che andava a costituire, ricadendo, e passando al velluto nero per il
lutto solenne, uno degli elementi del “Letto di duolo ‘Reale’”.
La
corona Reale di Savoia stando alle cronache non fu mai usata per i funerali del re d’Italia[6],
qui poi non si trattava di un vero e proprio funerale ma di una cerimonia
funebre di traslazione; se rispettando la realtà storica si fosse voluto (anche
se impropriamente) attribuire a Vittorio Emanuele III l’onore riservato ad un
re d’Italia (ma ricordo che quando morì non era più lui il re) si sarebbe
dovuto riproporre l’utilizzo della corona
ferrea come fu fatto per i funerali di Vittorio Emanuele II (“Sulla cassa l’on.
Correnti depone la Corona Ferrea”[7])
e di Umberto I (“ai piedi della bara venne adagiato il cuscinetto col collare
della S.S. Annunziata e sull’altro, alla testa del feretro venne posto l’altro
cuscinetto colla sacra Corona Ferrea”[8]).
Ovviamente
l’oggettivo uso della corona ferrea sarebbe stato impossibile oggi nella
Repubblica Italiana, perciò prima di utilizzare una copia approssimativa realizzata
ora dopo 70 anni dalla perdita del trono di un simbolo reale sarebbe stato più corretto
(tralasciando la continua confusione tra “solenne” e “privato”) seguire il
sobrio esempio del funerale di Umberto II che non reca nessuna corona sulla
cassa ma solo il cuscino con il collare dell’Ordine della Santissima
Annunziata, ed aggiungo sarebbe stato più opportuno porre il feretro more nobilium[9]
come avvenne proprio per il Figlio ad Altacomba.
Di
discutibile gusto sono poi i 4 stemmi del re d’Italia (stemmi ibridi perché
mancanti del gonfalone per essere il grande stemma, e troppo completi per
essere il piccolo stemma[10],
attaccati ai candelabri ai 4 angoli del feretro, che oltre ad essere di una fattura
non adeguata alla figura di un sovrano, sono tanto meno pertinenti al conte di
Pollenzo che non avrebbe potuto più usare lo stemma del re d’Italia[11].
L’araldica
non richiede improvvisazione perché è una scienza con le sue leggi e le norme
araldiche riferite alla Real Casa d’Italia sono chiare e stabilite dal regio
decreto del 1° gennaio 1890, dove all’articolo 10 si apprende che la corona del
re è la corona di ferro (perché posta sopra l’elmo che è a sua volta posto sullo
stemma); del resto una corona ferrea di bronzo appare sopra il cuscino sulla
tomba di re Umberto I al Pantheon, mentre quella che si vede sul cuscino posto
sulla bara di Vittorio Emanuele III e che vorrebbe sembrare quella posta sul
padiglione (corona reale di Savoia) non ha nulla a che fare con quella da
usarsi per il funerale di un ex-re, a meno che il Parlamento (cosa impossibile)
non avesse così stabilito (sottolineo invece ancora che si trattava, come
afferma il presidente del Senato, di una semplice cerimonia privata, “un mero atto di umana compassione senza
alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà”).
Purtroppo
per il conte di Pollenzo, se vogliamo stare alle leggi araldiche del regno d’Italia
dove non era previsto il trattamento e gli onori da riservare ad un re
abdicatario, non sono stabiliti né stemmi particolari e neppure corone, oggi se
ancora ci fosse la monarchia sarebbe una lacuna certamente colmata come è stato
fatto in altri Paesi d’Europa.
Quella
che poi considero una grave mancanza per la memoria di questo ex-sovrano - perché
proviene da qualcuno che avrebbe inteso dar vita ad una cerimonia in linea con
la storia basandosi anche sull’araldica reale - è la mancanza del grande
collare dell’Ordine della Santissima Annunziata e delle altre decorazioni (che
compaiono sul grande stemma di re Vittorio Emanuele III durante il periodo del
regno) che sarebbero state più che doverose per chi è stato gran maestro degli
ordini cavallereschi del regno d’Italia.
Invece
mi permetto di plaudire alla fine di una querelle durata 70 anni apprezzando il
comportamento del nostro signor presidente Sergio Mattarella, che ha permesso questo
rientro con un atto di compassione verso la memoria di una Persona che nel bene
o nel male ha concluso il nostro Risorgimento, pur aprendo la strada a
discussioni cui solo i futuri studiosi, che avranno accesso a tutti i
documenti, quando saranno sbolliti gli animi potranno dare una risposta certa,
risolvendo quegli interrogativi oggi interpretati in maniera tanto differente a
seconda della personale visione della realtà.
Casale
Monferrato, 25 dicembre 2017.
* Presidente della Confédération
Internationale de Généalogie et d’Héraldique - CIGH e della sua Commissione
Premi e Medaglie, dell’International Commission for Orders of Chivalry - ICOC,
dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano - IAGI, Direttore dell’Institut
International d’Etudes Généalogiques et d’Histoire des Familles - ICFHS; 2°
Vice-Presidente dell’Academie Internationale de Généalogie - AIG, 1°
Vice-Presidente dell’Instituto Internacional de Genealogia y Heraldica,
Accademico dell’Academie Internationale d’Heraldique - AIH.
[1] SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI
8. (Applicabilità). Sono a carico dello Stato le
spese per i funerali del Presidente della Repubblica, del Presidente del
Senato, del Presidente della Camera dei deputati, del Presidente del Consiglio
dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale, sia che il decesso
avvenga durante la permanenza in carica, sia dopo la cessazione della stessa.
La disposizione si applica anche ai funerali dei Ministri deceduti durante la
permanenza in carica.
[2] Su progetto dell’architetto
Giuseppe Sacconi il corpo principale dell’opera, in marmo botticino, fu
costruito negli anni 1885-1888 demolendo un piccolo borgo medievale e
manomettendo alcune vestigia romane antiche. L’Altare della Patria fu aggiunto,
ad opera dello scultore Angelo Zanelli, nel 1906. L'inaugurazione avvenne solo
in occasione del cinquantenario dell'Unità d'Italia nel 1911.
[3] Il titolo di conte di Pollenzo (titolo
facente parte del patrimonio araldico del re d’Italia, ed oggi del capo della
Real Casa d’Italia, si riferisce ad una località del comune di Bra, Provincia
di Cuneo, feudo che nel Settecento apparteneva alla famiglia Romagnano, ma poi
era passata ai Savoia. Carlo Alberto vi aveva costruito uno splendido castello
e il re Vittorio Emanuele III vi custodiva la sua celebre raccolta numismatica.
[4] Basta vedere la titolatura posta
alla tomba di re Carlo Alberto, dove non è indicato che fu re di Sardegna, o la
chiara indicazione dell’abdicazione alle lunghe lapidi di altri re di Sardegna
a Superga.
[5] In Casa Savoia gli ex-re
abdicatari mantengono sempre il trattamento di maestà a differenza di altre
dinastie regnanti (Paesi Bassi, Regno Unito), ne sono prova il trattamento
attribuito a Carlo Alberto, Carlo Emanuele IV e Vittorio Emanuele I (il cui
mantenimento del trattamento di maestà è indicato nell’atto di abdicazione).
[6] Anche perché era perduta.
[7] Rappresentanza Grazzanise
funerali Vittorio Emanuele vedi: http://docplayer.it/13986770-Rappresentanza-grazzanise-funerali-vittorio-emanuele-ii.html.
[8] L’attentato a Umberto I alla
Forti e Liberi di Monza vedi: http://anpi-lissone.over-blog.com/article-l-attentato-a-umberto-i-alla-forti-e-liberi-di-monza-107341179.html.
[9] Il primo elemento, uno dei più
caratteristici, è che la cassa va posata a terra (possibilmente su un tappeto,
ma non è essenziale).
[10] Art. 11. - Nei piccoli stemmi
del Re, il padiglione è sostituito dal manto reale; non vi comparisce il
gonfalone e si possono tralasciare l'elmo, i sostegni, le grandi insegne degli
ordini Equestri meno il collare dell'Ordine supremo.
[11] Titoli e Stemmi
della Famiglia Reale d’Italia, R. Decreto 1° gennaio 1890. Al Capitolo II. - Stemmi. § I. Arme. Art.
10 - I1 Re porta per grande stemma lo scudo di Savoia cimato con elmo reale
coronato colla Corona di ferro; coi sostegni e colle grandi insegne degli
ordini equestri reali; il tutto posto sotto al padiglione regio cimato colla
Corona reale di Savoia; tutto lo stemma
accollato al fusto del gonfalone di Savoia che è cimato coll’aquila sabauda d’oro,
ha lo stendardo bifido di rosso, crociato e soppannato di tela d’argento e
colle cravatte azzurre scritte coi motti e grido d’arme: Savoye-Saint-Maurice-Bonnes Nouvelles.