Cultura. L’iconografia della cavalleria cristiana: il combattimento con il drago
Autore Dott. Giancomo PRATI, direttore del polo museale della Certosa di Pavia
L’immaginario artistico della psicomachia del cavaliere cristiano contro il drago appare sterminata e amplissima nei secoli:
a partire ai primi secoli del medioevo fino alla modernità,
dall’oriente all’occidente, tradizionalmente connessa con la figura di
San Giorgio. Vorrei riflettere sulla simbologia di questa feconda
tradizione iconografica, spirituale e iconologica, affrontando due
esempi specifici: un affresco della chiesa di Santa Maria dei Canali
(detta Canale) in Tortona (AL) (seconda metà del XV secolo – nella prima
campata della navata di destra,) e un affresco dello stesso periodo
dell’abbazia di San Alberto di Butrio in provincia di Pavia (oratorio di
S. Antonio cioè nel vestibolo della cappella dell’abbazia), vicino a
Varzi (PV). La più antica chiesa tortonese sopravissuta, i capitelli
sono del 1000 ma fu edificata su chiesa del V secolo, e un abbazia che
ospitò Federico Barbarossa e Dante Alighieri, protetta dai Malaspina.
Entrambi gli affreschi rappresentano un cavaliere cristiano al culmine della sua vittoriosa battaglia contro un furente drago.
Ciascuna opera presenta tratti tradizionali comuni ma pure elementi
caratterizzanti unici: sintetizziamo e approfondiamo entrambe le
dimensioni. Il cavaliere della Chiesa tortonese, come pure l’eroe
dipinto nell’abbazia, presenta i tipici tratti simbolici della
cavalleria cristiana: cavalca un cavallo bianco, proprio del Cristo
dell’Apocalisse, è armato di una lunga lancia, e la tunica bianca appare
adornata da una croce vermiglia greca. Accanto a lui, concentrato nel
combattimento, sereno nel viso di bellezza giovanile, spirituale e
ideale, con lo sguardo determinato, fisso e dritto, dall’alto verso il
basso, verso il mostro infero, appare una Dama/Principessa.
La Donna, angelica e solennemente nobile, rivela una postura fissa,
a differenza del dinamismo composto del cavaliere. In particolare
l’affresco di Tortona manifesta una particolare delicatezza e
distinzione di tratti affascinante e ricca di forza mistica. Qui la
Donna non appare solo quale semplice vittima e prigioniera del drago,
prossima ad essere liberata dall’eroe della Fede, ma rivela un ruolo
coessenziale al combattimento spirituale. La Dama appare partecipare al
combattimento sia pregando per la vittoria del cavaliere, le sue mani
solo sacralmente giunte e sembra in ginocchio (parte dell’affresco è
mancante), sia
immedesimandosi nella battaglia stessa con un atteggiamento
contemplativo e di interiore partecipazione. Non appare spaventata o
timorosa ma misticamente certa dell’imminente vittoria. Il suo rapporto
con il cavaliere di Cristo si può apprezzare anche quale riflesso del
rapporto corredentivo fra Maria e Cristo.
Il cavaliere è figura Christi, e il suo impegno militante
equivale ad una partecipazione attiva all’efficacia esorcistica della
Redenzione, come equivale al ministero angelico. La Dama che il
cavaliere difende, come Cristo con Maria, anch’essa combatte contro il
drago e il suo ruolo e la sua natura appaiono intimamente vicini alla
figura del cavaliere e ad essa partecipi. Le peculiarità dell’affresco
tortonese rispetto al topos ne confermano e arricchiscono l’importanza
spirituale: la Dama vestita di una tunica vermiglia con sottoveste
bianca e capelli aurei è l’Amata del Cantico dei cantici nei medesimi
colori mistici, che troviamo anche nella descrizione della Ginevra
dell’Orlando Furioso, mentre il cavaliere indossa un mantello verde,
segno del Nuovo Adamo e dell’amore sacro cosmico. Non a caso la lancia
trapassa la bocca spalancata del mostro, come ad inchiodarlo a terra, a
significare una vittoria totale scevra di compromessi, indecisioni o
difetti. Dietro la Donna si ammira una bella città elevata, murata e
turrita, posta sopra un verde e dolce colle. Una preziosa e gradevole
esemplificazione del topos della Città santa, epifania di Sion, della
Città di Dio. Anche fra la Donna e la Città si sottintende un rapporto
mistico e simbolico pregnante e caratterizzante. I colori della città
sono il rosso e il rosa, anch’essi espressione di trasfigurazione e
unione mistica. In un senso di logica spaziale la Città è
trinitariamente fra la Dama e il cavaliere, segno di ideale da
raggiungere e nel contempo Centro e Realtà già compiuta, segno della
Gerusalemme celeste, delle nozze regali, della Sposa adorna per il suo
Sposo. Enigmatica e per ora non decrittabile appare la figura alla
destra del cavaliere: un altro cavaliere, di spalle e su cavallo scuro.
Nell’affresco dell’abbazia di San Alberto il cavaliere appare più
precisamente identificabile con il tipico San Giorgio, munito quì di
scudo crociato e ansato. L’elemento estremamente interessante, e raro,
di questo affresco è rappresentato dal guinzaglio verde con cui la Dama
tiene il drago verde fermo e legato al collo mentre il cavaliere lo
trafigge. Una variante applicativa dell’ “Ipsa conteret” della Genesi.
Anche quì la Donna collabora con il cavaliere cristiano nella vittoria
sul mostro diabolico, come Maria opera a favore di Cristo e l’anima si
muove verso lo Spirito. La terna trinitaria è completa: cavaliere, dama,
cavallo cioè Spirito anima e corpo. Due stili differenti, due datazioni
contemporanee, una resa schematica, popolare, tardogotica, e fortemente
allegorica nell’abbazia (la mano è simile a quella degli affreschi
della Pieve di Volpedo e dell’abbazia cistercense di Rivalta Scrivia
presso Tortona) a fronte di un affresco tortonese raffinato, poetico,
dotato di maggior finezza ed intensità psicologica, per esprimere i
medesimi insegnamenti mistici propri della migliore Tradizione
medioevale.
La trilaterazione/quadrilaterazione Cavaliere/Donna/Drago/Città può essere apprezzata anche in senso ermetico
secondo la seguente trasposizione: il cavaliere rappresenta lo Zolfo,
la dama il Mercurio, la Città elevata (regale e nuziale nei colori) la
Pietra filosofale, e il drago il sale volgare, rozzo, informe e
bruciante, il quale trafitto vittoriosamente dal cavaliere, cioè fissato
(crocefisso) dallo Zolfo, si trasformerà nel Sale filosofale.
L’affresco dell’abbazia ricorda il “San Giorgio e il
drago” di Paolo Uccello. Identica la struttura compositiva. L’unica
differenza la grotta del drago al posto della reggia/podio dal sapore
arturiano, da dove Re e Regina assistono al trionfo del cavaliere. In
Paolo Uccello la grotta e i colori delle ali del drago rafforzano ed
evidenziano il senso ermetico. La grotta grande, selvaggia e aspra,
appare nerissima la suo interno e di roccia bianca all’esterno, colori
dell’Opera. Mentre il drago, colpito dall’aurea lancia nella testa
grondante sangue, munito di sei artigli, presenta nelle ali sei
decorazioni circolari, “cauda pavonis”, tre rosse con un nucleo verde e
tre bianche con un nucleo
blu cinerino, lo stesso colore della tunica della Dama con guinzaglio,
ricca di un manto rosso. Basti qui un altro solo rinvio: la Storia di Nastagio degli Onesti del Botticelli, dove ogni movimento e ogni colore e dettaglio è un inno all’Arte della tintura.