sabato 6 gennaio 2018

Prezioso contributo storico di Pier Felice Degli Uberti.


Fraintendimenti in merito alla traslazione del III re d’Italia e della regina Elena

Dott. Pier Felice degli Uberti*
Consultore della Consulta dei senatori del Regno
(presieduta dal prof. Pier Luigi Duvina)

Mi occupo ormai da 40 anni di araldica, genealogia, storia del diritto nobiliare, ed ordini cavallereschi, forse un po’ in maniera eccessivamente accurata come deve fare uno storico che si basa solo sui documenti, nel modo che viene insegnato nelle università. Per questo mi chiedo perché non sempre venga fatta una ricerca storica documentale che permetta di evitare imprecisioni o diffondere informazioni errate, che purtroppo poi vengono ripetute nel tempo, non essendoci controlli sulle affermazioni.
Di questi giorni è il ritorno in Patria dei resti mortali di Vittorio Emanuele III che regnò dopo il regicidio paterno dal 29 luglio 1900 al 9 maggio 1946, per poi assumere dopo l’abdicazione il titolo di conte di Pollenzo. La stampa ha diffuso polemiche su base politica, o dato spazio alla risoluzione di un “problema” settantennale accantonando quel senso legato alla “pietas” che la nostra cultura latina ci ha insegnato.
Non entro in merito a chi vuole attribuirsi l’onore di “primo della classe”, ricordando che le buone intenzioni sono state espresse, anche in maniera costruttiva, e da anni, da tutti gli schieramenti monarchici, anche se alla fine ha prevalso una azione che rinnega l’atteggiamento del figlio degli ex-sovrani Umberto II, che desiderava una collocazione legata alla storia del nostro Risorgimento.
Sono orgoglioso di essere Italiano e rispetto la Storia d’Italia che - nel bene o nel male - ha raggiunto la sua unità nazionale grazie ai Savoia. All’aeroporto di Cuneo-Levaldigi il 17 dicembre 2017 è atterrato un aereo dell’aereonautica militare proveniente da Alessandria d’Egitto con i resti di Vittorio Emanuele III, e sui social è apparsa una foto dove si vede che viene accolto da 3 militari che lo hanno salutato (come ho già visto fare quando passa un morto) sollevando addirittura una polemica di carattere politico, che dimentica che se non era più il re d’Italia (il capo dello Stato), Vittorio Emanuele III rimaneva comunque, in quanto maresciallo d’Italia, un ufficiale del più alto rango a cui (non essendo stato condannato da nessuna sentenza passata in giudicato), competeterebbero per cortesia quegli onori militari proprio per il grado rivestito.
Ricordo che oggi la Repubblica Italiana giustamente in base alla legge del 7 febbraio 1987, n. 36, Disciplina delle esequie di Stato. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 23 febbraio 1987, n. 44 - Allegato 12[1], paga addirittura il funerale alle alte cariche dello Stato anche se non sono più in carica.
Sono seguite polemiche addirittura sul luogo di sepoltura che tirano in ballo tradizioni che non esistono nella storia di Casa Savoia, la quale avendo diversi stati dislocati in regioni geografiche diverse non possedeva una “tomba di famiglia” certa, venendo scelta in base alle esigenze del momento, e se vi furono progetti in tal senso, alla fine non vennero portati a termine; ne è prova il fatto che i resti dei Savoia sono sparsi in varie Chiese all’interno dei loro antichi stati (e in alcuni casi pure fuori dagli stessi), e solo con la venuta di Vittorio Amedeo II che costruisce la Basilica di Superga si incomincia a vedere un vero sepolcro di famiglia, che tuttavia non accoglie neppure tutti i sovrani del regno di Sardegna.
Con l’avvento del regno d’Italia e Roma capitale, nel momento che muore il primo re d’Italia si scarta Superga in quanto luogo di sepoltura dei re di Sardegna, e si porta la salma del re al Pantheon, iniziando quella tradizione che vede lì sepolti i re d’Italia.
Già nel 1880 Umberto I figlio di Vittorio Emanuele II avrebbe voluto che il Vittoriano[2] di Roma fosse la sua tomba, ma mi chiedo allora perché dal 1921 (data in cui il Vittoriano accoglie i resti del Milite Ignoto) al 2 giugno 1946 non siano stati trasferiti lì i re sepolti al Pantheon, e perché addirittura la regina Margherita morta nel 1926 sia stata sepolta al Pantheon.
Se quel progetto di Umberto I voleva concretizzarsi la regina Margherita avrebbe dovuto riposare al Vittoriano visto che di locali per eventuali tombe ve ne erano a iosa. Anche quando vi fu la sua riforma, quell’associazione che era preposta al servizio d’onore alle tombe dei re d’Italia (chiamata quando sorse nel 1878 “Comizio generale dei veterani 1848 - 1870”) nel 1932 si trasformò assumendo il nome di “Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon” - INGORTP, assunzione che dimostra che nell’idea generale e nella realtà dei fatti il Pantheon era ritenuto la sede delle tombe dei re d’Italia.
Anche l’ultimo re Umberto II sostenne sempre che i suoi genitori dovessero trovare riposo al Pantheon, e rifiutò altre sedi ben legate alla storia dei Savoia.
Ma ci sono altri punti di questa vicenda che mi fanno un po’ pensare, forse perché non riesco a trovare la motivazione di certe scelte se non originate da uno studio non approfondito.
La tomba di Vittorio Emanuele III ad Alessandria d’Egitto recava l’iscrizione “Vittorio Emanuele di Savoia 1869 - 1947”, l’iscrizione fu voluta dal figlio, re Umberto II, e ci dovremmo chiedere perché non è scritto “III” e neppure “re d’Italia”. Ricordate le parole di Vittorio Emanuele III quando disse al figlio: “In casa Savoia, si regna uno alla volta”? Ebbene in quel momento il re era Umberto II e non il padre che volle assumere il titolo di conte di Pollenzo[3].
Quindi in Italia sono rientrati i resti mortali del conte di Pollenzo, che era l’ex-re d’Italia Vittorio Emanuele III, evento di altra portata da quello del rientro di un capo di Stato[4].
Questa è la ragione per cui ritengo imprecisa per la storia la lapide di Vicoforte di Vittorio Emanuele, dove si doveva leggere:
VITTORIO EMANUELE III di SAVOIA
III RE D’ITALIA
1869-1947
Mi permetto di far presente che non essendo più il re d’Italia avrebbe dovuto riassumere il cognome di Famiglia, come devono fare i principi che non sono capi della Real Casa d’Italia, e ci doveva essere l’indicazione di terzo perché dopo di lui c’è stato il quarto re d’Italia, anche perché è stata posta la data di morte, avvenuta quando ormai era il conte di Pollenzo e non più il re d’Italia[5].
Prestando fede a quanto ha dichiarato alla stampa il presidente del Senato Pietro Grasso, la seconda alta carica della Repubblica Italiana, si tratterebbe di “un mero atto di umana compassione senza alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà”, ma nella realtà dei fatti sono state pubblicate fotografie che ritraggono la benedizione dei resti mortali e dimostrano in una cerimonia di carattere privato l’utilizzo improprio di una corona, che voleva essere la corona Reale di Savoia (o almeno così viene scritto perché la corona che appare nel suo gusto rococò non rispetta l’iconografia classica della corona di Savoia), una corona che “Secondo quanto previsto dal piccolo cerimoniale venne appoggiata al cuscino quadrato di velluto chermisino, gallonato e con quattro nappe d’oro, una per angolo, poggiante sulla coltre, superiormente d’oro che ricopriva la cassa e che andava a costituire, ricadendo, e passando al velluto nero per il lutto solenne, uno degli elementi del “Letto di duolo ‘Reale’”.
La corona Reale di Savoia stando alle cronache non fu mai usata per i funerali del re d’Italia[6], qui poi non si trattava di un vero e proprio funerale ma di una cerimonia funebre di traslazione; se rispettando la realtà storica si fosse voluto (anche se impropriamente) attribuire a Vittorio Emanuele III l’onore riservato ad un re d’Italia (ma ricordo che quando morì non era più lui il re) si sarebbe dovuto riproporre l’utilizzo della corona ferrea come fu fatto per i funerali di Vittorio Emanuele II (“Sulla cassa l’on. Correnti depone la Corona Ferrea”[7]) e di Umberto I (“ai piedi della bara venne adagiato il cuscinetto col collare della S.S. Annunziata e sull’altro, alla testa del feretro venne posto l’altro cuscinetto colla sacra Corona Ferrea”[8]).
Ovviamente l’oggettivo uso della corona ferrea sarebbe stato impossibile oggi nella Repubblica Italiana, perciò prima di utilizzare una copia approssimativa realizzata ora dopo 70 anni dalla perdita del trono di un simbolo reale sarebbe stato più corretto (tralasciando la continua confusione tra “solenne” e “privato”) seguire il sobrio esempio del funerale di Umberto II che non reca nessuna corona sulla cassa ma solo il cuscino con il collare dell’Ordine della Santissima Annunziata, ed aggiungo sarebbe stato più opportuno porre il feretro more nobilium[9] come avvenne proprio per il Figlio ad Altacomba.
Di discutibile gusto sono poi i 4 stemmi del re d’Italia (stemmi ibridi perché mancanti del gonfalone per essere il grande stemma, e troppo completi per essere il piccolo stemma[10], attaccati ai candelabri ai 4 angoli del feretro, che oltre ad essere di una fattura non adeguata alla figura di un sovrano, sono tanto meno pertinenti al conte di Pollenzo che non avrebbe potuto più usare lo stemma del re d’Italia[11].
L’araldica non richiede improvvisazione perché è una scienza con le sue leggi e le norme araldiche riferite alla Real Casa d’Italia sono chiare e stabilite dal regio decreto del 1° gennaio 1890, dove all’articolo 10 si apprende che la corona del re è la corona di ferro (perché posta sopra l’elmo che è a sua volta posto sullo stemma); del resto una corona ferrea di bronzo appare sopra il cuscino sulla tomba di re Umberto I al Pantheon, mentre quella che si vede sul cuscino posto sulla bara di Vittorio Emanuele III e che vorrebbe sembrare quella posta sul padiglione (corona reale di Savoia) non ha nulla a che fare con quella da usarsi per il funerale di un ex-re, a meno che il Parlamento (cosa impossibile) non avesse così stabilito (sottolineo invece ancora che si trattava, come afferma il presidente del Senato, di una semplice cerimonia privata, “un mero atto di umana compassione senza alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà”).
Purtroppo per il conte di Pollenzo, se vogliamo stare alle leggi araldiche del regno d’Italia dove non era previsto il trattamento e gli onori da riservare ad un re abdicatario, non sono stabiliti né stemmi particolari e neppure corone, oggi se ancora ci fosse la monarchia sarebbe una lacuna certamente colmata come è stato fatto in altri Paesi d’Europa.
Quella che poi considero una grave mancanza per la memoria di questo ex-sovrano - perché proviene da qualcuno che avrebbe inteso dar vita ad una cerimonia in linea con la storia basandosi anche sull’araldica reale - è la mancanza del grande collare dell’Ordine della Santissima Annunziata e delle altre decorazioni (che compaiono sul grande stemma di re Vittorio Emanuele III durante il periodo del regno) che sarebbero state più che doverose per chi è stato gran maestro degli ordini cavallereschi del regno d’Italia.
Invece mi permetto di plaudire alla fine di una querelle durata 70 anni apprezzando il comportamento del nostro signor presidente Sergio Mattarella, che ha permesso questo rientro con un atto di compassione verso la memoria di una Persona che nel bene o nel male ha concluso il nostro Risorgimento, pur aprendo la strada a discussioni cui solo i futuri studiosi, che avranno accesso a tutti i documenti, quando saranno sbolliti gli animi potranno dare una risposta certa, risolvendo quegli interrogativi oggi interpretati in maniera tanto differente a seconda della personale visione della realtà.




Casale Monferrato, 25 dicembre 2017.




* Presidente della Confédération Internationale de Généalogie et d’Héraldique - CIGH e della sua Commissione Premi e Medaglie, dell’International Commission for Orders of Chivalry - ICOC, dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano - IAGI, Direttore dell’Institut International d’Etudes Généalogiques et d’Histoire des Familles - ICFHS; 2° Vice-Presidente dell’Academie Internationale de Généalogie - AIG, 1° Vice-Presidente dell’Instituto Internacional de Genealogia y Heraldica, Accademico dell’Academie Internationale d’Heraldique - AIH.
[1] SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI
8. (Applicabilità). Sono a carico dello Stato le spese per i funerali del Presidente della Repubblica, del Presidente del Senato, del Presidente della Camera dei deputati, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale, sia che il decesso avvenga durante la permanenza in carica, sia dopo la cessazione della stessa. La disposizione si applica anche ai funerali dei Ministri deceduti durante la permanenza in carica.
[2] Su progetto dell’architetto Giuseppe Sacconi il corpo principale dell’opera, in marmo botticino, fu costruito negli anni 1885-1888 demolendo un piccolo borgo medievale e manomettendo alcune vestigia romane antiche. L’Altare della Patria fu aggiunto, ad opera dello scultore Angelo Zanelli, nel 1906. L'inaugurazione avvenne solo in occasione del cinquantenario dell'Unità d'Italia nel 1911.
[3] Il titolo di conte di Pollenzo (titolo facente parte del patrimonio araldico del re d’Italia, ed oggi del capo della Real Casa d’Italia, si riferisce ad una località del comune di Bra, Provincia di Cuneo, feudo che nel Settecento apparteneva alla famiglia Romagnano, ma poi era passata ai Savoia. Carlo Alberto vi aveva costruito uno splendido castello e il re Vittorio Emanuele III vi custodiva la sua celebre raccolta numismatica.
[4] Basta vedere la titolatura posta alla tomba di re Carlo Alberto, dove non è indicato che fu re di Sardegna, o la chiara indicazione dell’abdicazione alle lunghe lapidi di altri re di Sardegna a Superga.
[5] In Casa Savoia gli ex-re abdicatari mantengono sempre il trattamento di maestà a differenza di altre dinastie regnanti (Paesi Bassi, Regno Unito), ne sono prova il trattamento attribuito a Carlo Alberto, Carlo Emanuele IV e Vittorio Emanuele I (il cui mantenimento del trattamento di maestà è indicato nell’atto di abdicazione).
[6] Anche perché era perduta.
[7] Rappresentanza Grazzanise funerali Vittorio Emanuele vedi: http://docplayer.it/13986770-Rappresentanza-grazzanise-funerali-vittorio-emanuele-ii.html.
[8] L’attentato a Umberto I alla Forti e Liberi di Monza vedi: http://anpi-lissone.over-blog.com/article-l-attentato-a-umberto-i-alla-forti-e-liberi-di-monza-107341179.html.
[9] Il primo elemento, uno dei più caratteristici, è che la cassa va posata a terra (possibilmente su un tappeto, ma non è essenziale).
[10] Art. 11. - Nei piccoli stemmi del Re, il padiglione è sostituito dal manto reale; non vi comparisce il gonfalone e si possono tralasciare l'elmo, i sostegni, le grandi insegne degli ordini Equestri meno il collare dell'Ordine supremo.
[11] Titoli e Stemmi della Famiglia Reale d’Italia, R. Decreto 1° gennaio 1890. Al Capitolo II. - Stemmi. § I. Arme. Art. 10 - I1 Re porta per grande stemma lo scudo di Savoia cimato con elmo reale coronato colla Corona di ferro; coi sostegni e colle grandi insegne degli ordini equestri reali; il tutto posto sotto al padiglione regio cimato colla Corona reale di Savoia; tutto lo stemma accollato al fusto del gonfalone di Savoia che è cimato coll’aquila sabauda d’oro, ha lo stendardo bifido di rosso, crociato e soppannato di tela d’argento e colle cravatte azzurre scritte coi motti e grido d’arme: Savoye-Saint-Maurice-Bonnes Nouvelles.